Il parlamento olandese ignora la volontà popolare sull’accordo Ue-Ucraina. Dietro lo zampino di Bruxelles


di Eugenio Cipolla*

La voce arrivata a Bruxelles sul possibile rifiuto da parte del governo olandese di ratificare l’accordo di associazione Ue-Ucraina è un campanello d’allarme che l’altro giorno ha scosso e non poco i palazzi della burocrazia europea. Il ministero degli Esteri olandese ha infatti notificato ai suoi omologhi Ue la possibilità che questa scelta si materializzi prima dell’estate. «Un grande gruppo nel Parlamento ha chiesto al governo di non ratificare l'accordo e lui non può escluderlo. Vogliono risolvere questo problema entro l'estate», ha detto lunedì scorso ai media una fonte diplomatica Ue, subito dopo la prima discussione per esaminare i risultati del referendum olandese. Le contromosse di Juncker&co. chiaramente si stanno materializzando una dopo l’altra, con il fine ultimo di mettere più pressione possibile al governo de L’Aia e indurlo ad accettare comunque l’accordo nonostante i risultati della consultazione popolare della scorsa settimana.

Tra queste c’è stata l’importante apertura qualche giorno fa sul processo di liberalizzazione dei visti europei per l'Ucraina, letto da molti come un avviso al premier olandese Rutte. Fonti della Commissione si sono affrettate a precisare che il processo «non è mai stato legato all’accordo di associazione», ricordando che un nuovo rapporto sulla valutazione del rispetto dei 'benchmark' sarà presentato in primavera e che il tema era già stato trattato dal presidente Jean Claude Juncker, nell'incontro con il presidente ucraino Petro Poroshenko del 17 marzo scorso. «Può sembrare che ignoriamo gli elettori olandesi – hanno aggiunto le fonti - ma dobbiamo mantenere la nostra parola con l'Ucraina».

Lo scontro rischia di essere inevitabile e per questo motivo Rutte sta prendendo tempo, nonostante abbia dichiarato che, rimanendo così le cose, il suo paese non potrà ratificare l’accordo. Ieri il parlamento dei Paesi Bassi, dove il caso si è trasformato in un vero e proprio scontro politico tra maggioranza e opposizione, ha respinto di misura una mozione che chiedeva l’immediata bocciatura dell’accordo. Nell'assemblea composta da 150 seggi, contro la mozione di bocciatura dell'accordo hanno votato 75 deputati, mentre 71 hanno votato a favore. A promuovere la mozione era stato il Partito Socialista, il quale, per bocca di Harry Van Bommel si è detto deluso del risultato, criticando il governo per «aver messo la volontà popolare in secondo piano».

Alla base delle argomentazioni della mozione c’era un principio enunciato dall’articolo 11 della legge nazionale sui referendum consultivi, dove si dice che, dopo l’annuncio dei risultati ufficiali, il governo deve «il più presto possibile» portare in Parlamento una proposta di revisione o l’adozione di una legge sulla quale porre il voto. Aspetto che, secondo le opposizioni, si scontra con le intenzioni di Rutte, il quale ha parlato di una decisione che richiederà alcuni mesi. Il sospetto è che dietro tutto ciò ci sia lo zampino di Bruxelles, preoccupata per le dinamiche di una vicenda che potrebbero incrinare le fondamenta già poco solide dell’Europa.

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