Le "Inchieste giornalistiche": l'ultima frontiera della politica estera degli Usa


di Ernesto Carmona
Gli Stati Uniti continuano a presentarsi come campioni mondiali dell'etica, mentre con l'altra mano lanciano i propri droni ad ammazzare gente a cottimo nella loro lotta permanente per la democrazia e contro il terrorismo, come succede quotidianamente in Pakistan, in aggiunta al loro curriculum di aggressioni ovunque durante lunghi decenni, con e senza Obama. Apparentemente, ultimamente hanno iniziato una crociata contro la corruzione. E' cominciato col marciume della FIFA, il nostro sacro calcio quotidiano, ed ora finanzia "investigazioni giornalistiche" di grosso calibro che fanno scoppiare meticolosi scandali internazionali in tutti i mezzi di comunicazione del mondo, come nel caso dei Panama Papers.
Il chiasso e la commozione scatenati per il "Panama Papers" eludono la questione di fondo che è l’iper-commercio del riciclaggio di denaro sporco, commercio nel quale la Repubblica di Panama è un attore quasi insignificante su scala mondiale. Benché le carte sporchino capi di Stato alleati degli USA e difensori dei "fondi avvoltoio" come Macri ed il Re del Marocco, peraltro colpiscono anche Putin, i dirigenti del PC cinese e molti altri personaggi ostili al paese di Obama.
Tra i 12 milioni di documenti hackerati all’impresa di avvocati Mossack Fonseca pochi alludono ai commerci realizzati con terzi in USA, Regno Unito o Europa occidentale, dove si effettuano le grandi transazioni. "Le rivelazioni si occupano nel dettaglio di Russia, Islanda, Messico, Brasile, Argentina e Spagna. Paesi importanti, ma con economie nane comparate con USA ed Europa occidentale", spiega da Panama il giornalista-sociologo Marco A. Gandásegui Jr.
L'avvocato Fonseca ha segnalato che i suoi soci più importanti sono banche ed avvocati a Miami, (Florida) e nello stato del Nevada, in USA, che insieme al Delaware sono considerate le 'lavatrici' più grandi del mondo e che competono con le loro controparti nel Canale del Manica (Gran Bretagna). "Tuttavia, ha detto Gandásegui, non sono considerate 'off-shore' e possono operare grazie alla protezione che ricevono dai rispettivi governi (rispettivamente a Washington e Londra)."
Gandásegui si domanda "che trama politica c’è dietro i 12 milioni di documenti dello studio forense panamense Mossack Fonseca che il giornale tedesco Süddeutshe Zeitung dice di possedere?" e "che importanza hanno le 120.000 imprese di carta create da Mossack Fonseca in 40 anni se confrontati con i 10 milioni di imprese dello stesso tipo che esistono in USA ed Europa?"
Gandásegui chiarisce "in primo luogo che i documenti elettronici della società panamense non sono stati filtrati (leaked). ma 'hackerati'. In altre parole, il sistema è stato penetrato e le informazioni sono state rubate da agenti professionali la cui identità, per il momento, si ignora." Secondo Süddeutshe Zeitung, "l'informazione proviene da una fonte anonima", ma aggiunge: si suppone che alcuni computer dell'ufficio Mossack Fonseca siano state violate da hackers al fine di ottenere mail, certificati, estratti conto e molti altri documenti."
Il Süddeutshe Zeitung fu scelto per lanciare la prima versione del reportage sui documenti degli avvocati di Panama diretti da Ramón Fonseca Mora. I meriti dell'impatto giornalistico via 'hacker' gli sono stati attribuì dal Consorzio Internazionale di Giornalisti di Investigazione (ICIJ) che è un progetto lanciato a Washington nel 1997 dal Centro per l'Integrità Pubblica, creato nel 1989, la cui missione è servire la democrazia col giornalismo di investigazione chiamato ad esserne il "cane da guardia", rivelando abusi di potere e corruzione e finanziato con generosità da fondazioni e milionari del mondo sviluppato, come Democracy Fund, Ford Foundation, Rockefeller Brothers Fund, Rockefeller Family Fund, Endowment Fund, Microsoft Matching Gifts Program, Stephen I. Murdoch, George Soros e molti altri (https://www.publicintegrity.org/icij/about)
L'ICIJ si autodefinisce come "una rete attiva globale di 160 reporter in più di 60 paesi che collaborano con storie investigate a fondo su temi di crimine doganali, corruzione e responsabilità del potere. Un giornalismo dall’apparenza molto attraente, il cui massimo capo a Washington è il giornalista australiano Gerard Ryle. Dal momento che si suppone che questi giornalisti investigatori mangino, si vestano, prendano molto caffè, usino cellulari, eccetera, la domanda ovvia è chi allora paga la musica?
E emersa la notizia che l'agenzia Internazionale di Sviluppo degli Stati Uniti (USAID) ha stanziato dei fondi per finanziare l'investigazione dell'ICIJ. Ha messo il denaro ma non ha messo le mani nel lavoro, ha chiarito Mark Toner, viceportavoce del Dipartimento di Stato dell'USA. In altre parole Toner ha riconosciuto che Washington ha finanziato i giornalisti ICIJ che hanno indagato - o hakerato?- lo scandalo 'offshores', ma sostiene che essi siano giornalisti "indipendenti", (del governo di Washington, chiaro)”. “I giornalisti ricevevano finanziamenti da varie fonti, compreso il Governo degli USA", ha detto in conferenza stampa Mark Toner, che ha spiegato che le risorse si consegnavano attraverso l'Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (USAID), come ha riportato RIA Novosti. Secondo il funzionario, gli informatori furono finanziati "non per perseguire certi obiettivi o persone, bensì affinché realizzino indagini giornalistiche indipendenti". Ha aggiunto che l'indagine è stata condotta facendo capo ai giornalisti di Organized Crime And Corruption Reporting Project (Progetto di Informazione su Crimine Organizzato e Corruzione) OCCRP, finanziata dall’USAID, sebbene gli USA non abbiano ricevuto in anticipo i risultati dell'indagine e i Panama Papers”, dal momento che – ha spiegato Toner - non si sono intromessi nel loro lavoro. Questo ha detto Toner giovedì 7 aprile perché il giorno precedente, mercoledì 6, il portale di WikiLeaks aveva annunciato che la filtrazione massiccia di documenti su imprese in paradisi fiscali è da mettere a carico dell'OCCRP, finanziata dall'USAID, così come dal fondo Soros.
In fondo, sembrerebbe che questa confusione delle carte cerchi di escludere Panama dal commercio Offshore che è legale, e dal lavaggio di denaro sporco in grande scala che è illegale. "In conclusione, dice Gandásegui, gli avvocati panamensi che prestano servizi ad imprese nordamericane, britanniche e di altri paesi si trovano sotto il mirino dei governi che vogliono che il traffico ritorni a casa. Questi governi hanno attaccato formalmente i 'ripulitori' panamensi e di altri paesi 'off-shore' attraverso il FMI e dell'OCSE. Ora hanno fatto un secondo passo. USA e Gran Bretagna vogliono introdurre un altro elemento all'attacco frontale contro le operazioni di banche e avvocati fuori delle rispettive giurisdizioni. Sotto il manto di supposte investigazioni giornalistiche, hanno scoperto il mondo tenebroso delle transazioni finanziarie internazionali di paesi, governanti ed altre personalità che sono eliminabili, Putin, Lula, Peña Nieto, Kirchner, il primo ministro dell'Islanda ed altri. Hanno ignorato le operazioni dei capi di governo dei paesi 'buoni' e delle loro combriccole.
"Le rivelazioni (filtrazioni o 'leaks') di Snowden e Wikileaks sono state trasparenti nelle loro intenzioni: scoprire le manovre inaccettabili del governo dell'USA. Il Consorzio di Washington e le sue 'carte di Panama' non sono trasparenti e non conosciamo ancora quali sono, in ultima istanza, le loro vere intenzioni", ha scritto Gandásegui.

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