La regia americana dietro il fallimento dei negoziati di Doha. Pepe Escobar


In un articolo per Sputniknews, ripreso da Wall Street Italia, Pepe Escobar rivela i retroscena del fallimento dei negoziati di Doha. A far saltare l'accordo sarebbero stati gli Stati Uniti d'America, scrive l'analista, mentre la City di Londra - attraverso il FT - ha voluto dare l'impressione all'opinione pubblica mondiale che il tutto si riduceva ad una controversia tra il principe Mohammed bin Salman e il ministro del petrolio saudita Ali Al-Naimi. Il figlio di Re Salman è stato soprannominato "la nuova voce imprevedibile della politica energetica del regno."

Sputniknews riporta che a Doha, la scorsa domenica, arrivò improvvisamente una telefonata alle 3 del mattino. Il giovane principe Mohammed bin Salman parlò con la delegazione saudita presente al tavolo dei negoziati con i paesi Opec e non Opec, per dire che l’accordo era saltato.
Tutti i partecipanti alla riunione – delegati dei paesi Opec (assente l’Iran) e di paesi non Opec (appunto la Russia) rimasero interdetti: erano stati proprio i sauditi, infatti, insieme ai russi, ad avanzare la proposta di congelare l’offerta di petrolio, al fine di risollevarne i prezzi. Tra i motivi ufficiali, è stata citata la mancata volontà di Teheran di adottare i tagli alla produzione, ora che, grazie alla fine delle sanzioni, può tornare a esportare.
Il vero motivo, tuttavia – stando a una fonte finanziaria che ha legami molto stretti con il Regno saudita, è che:
“Gli Stati Uniti minacciarono il principe, quella notte, delle conseguenze più negative, nel caso in cui non avesse fatto dietrofront rispetto alla proposta del congelamento dei prezzi del petrolio”.
Riporta Sputniknews:
“Così come spiega la fonte, un taglio alla produzione di petrolio avrebbe “ostacolato l’obiettivo degli Stati Uniti di far andare in default la Russia attraverso una guerra combattuta con i prezzi del petrolio”.
La minaccia ha fatto cambiare idea ai sauditi, con il regno che – sotto pressione a causa di un deficit balzato a $98 miliardi nel 2015 – sarebbe stato favorevole a un taglio moderato dell’offerta, a cui avessero partecipato la maggioranza dell’Opec e la Russia, come d’altronde lo stesso ministro petrolifero arabo, al-Naimi, aveva promesso.
Ma perchè Riyad si è piegata agli Usa? Per ovvie ragioni, ma soprattutto per la minaccia di Washington di congelare tutti gli asset sauditi, nel caso in cui il Regno non avesse “cooperato” nella guerra dei prezzi contro la Russia. Ne è seguita una escalation che non ha risparmiato neanche le famiglie delle vittime degli attacchi terroristici dell’11/9.
L’Arabia Saudita ha infatti minacciato di smobilizzare $750 miliardi investiti in asset Usa, nel caso in cui il Congresso Usa approvasse una proposta di legge che renderebbe Riyadh responsabile e perseguibile dai tribunali americani per gli attacchi dell’11/9.
La norma, co-sponsorizzata dal senatore democraico Chuck Schumer e da quello repubblicano John Cornyn, propone di fare in modo che le famiglie delle vittime degli attentati dell’11/9 possano citare in giudizio paesi stranieri e finanziatori del terrorismo.
Per non perdere il controllo sull’Arabia saudita, è molto probabile che alla fine la proposta non passerà: uno scenario che ha fatto imbestialire già diverse famiglie delle vittime, che si sono scagliate contro il presidente Obama, che di fatto sta facendo attività di lobby per impedire che il disegno di legge passi.
Gli Stati Uniti sono diventati di fatto ostaggio dell’Arabia Saudita, anche se come dimostra il flop dei negoziati di Doha, è bastata una telefonata per far saltare tutto.
Ma l’ordine mondiale cambierebbe all’istante se i sauditi decidessero di ricorrere all’opzione nucleare, e allearsi con la Russia.

L’Arabia Saudita dispone di una “vera opzione nucleare” che potrebbe decretare la fine dell’egemonia degli Stati Uniti, ridisegnando al contempo lo scacchiere geopolitico internazionale. L’arma da utilizzare sarebbe il petrolio e l’alleato la Russia. E’ quanto riporta un’analisi sul petrolio e sulla geopolitica di Sputniknews, sulla base di indiscrezioni ricevute da fonte di Riyadh.
“La vera opzione nucleare per i sauditi sarebbe quella di cooperare con la Russia e formare una nuova alleanza per fare in modo che tutti i paesi dell’Opec taglino la produzione di petrolio del 20% , nell’ambito di una strategia volta ad aumentare i prezzi del petrolio fino a $200 al barile, e dunque a recuperare le entrate fiscali che andate perse (con il calo del greggio) a causa dei diktat degli Stati Uniti”.

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