Quasi due milioni di sfollati interni e diecimila morti: il bilancio (dimenticato) della guerra in Donbass


di Eugenio Cipolla

Mentre in Donbass si continua a morire, con un soldato morto e tre feriti nelle ultime 24 ore tra le fila dell’esercito governativo, e a Berlino si continua a discutere, con l’ennesimo incontro dei ministri degli Esteri del quartetto di Normandia andato a vuoto (tanto che dopo tre ore di colloqui non si è riusciti nemmeno a diffondere un comunicato congiunto), da Oslo arriva la doccia fredda che dimostra come la politica estera dell’Europa abbia miseramente fallito, in special modo nell’est dell’Ucraina. Il Norvegian Refugee Council, infatti, ha diffuso oggi nuovi dati relativamente al numero di sfollati a causa di conflitti e violenze nel 2015 e l’ex repubblica sovietica risulta il primo paese europeo per numero.
Secondo l’organizzazione umanitaria norvegese, il numero di sfollati totali in tutto il mondo nel 2015 è aumentato di 8,6 milioni di persone, superando la cifra record di 40,8 milioni di persone. Solo in Ucraina, a causa della guerra in Donbass, nel solo 2015, sono stati registrati 942.000 sfollati. In totale, dall’inizio della guerra sono 1,7 milioni gli sfollati interni che hanno perso la propria casa nell’est del paese. Un numero tragicamente alto, un dato che piazza l’Ucraina al settimo posto al mondo di questa “speciale” classifica, a pari merito con il Sud Sudan.
«L'accordo per il cessate il fuoco raggiunto nel mese di settembre 2015 in vista dell’inizio della scuola – si legge nel rapporto diffuso dal NRC - nel suo complesso ha visto una riduzione nel numero di scontri e attacchi, cosa che rende la vita più facile per queste persone, in pericolo per parecchi mesi. Nel 2015 ci sono stati più di 942.000 nuovi sfollati interni, quasi il 50 per cento in più rispetto alle previsioni del 2014». La prospettiva futura non promette affatto bene. «C’è il rischio che questo conflitto diventi insolubile», si legge ancora, rischiando di lasciare migliaia di persone senza possibilità di tornare alle proprie case.
A questi dati non certo rassicuranti, si aggiungono anche quelli comunicati qualche mese fa dall’ufficio federale dell’immigrazione russa, che in un rapporto riassuntivo sulle attività del 2015 ha sottolineato come negli ultimi due anni abbiano varcato il confine oltre 2,5 milioni di cittadini ucraini. Di questi circa 1,2 milioni vivono nelle regioni sud-orientali russe. A fine aprile la Duma di Stato ha approvato definitivamente un disegno di legge che semplifica le procedure per la concessione di un permesso di soggiorno per i rifugiati ucraini provenienti dal Donbass. La legge consentirà a questa categoria di cittadini stranieri di ottenere un permesso di soggiorno più facilmente e senza rispettare i termini rigidi previsti dalle leggi nazionali, concedendo loro inoltre agevolazioni su mutui per l’acquisto di case e terreni.
Nonostante ciò, la situazione umanitaria in Donbass resta comunque molto grave. Il rapporto dell’Onu diffuso lo scorso mese ha aggiornato le cifre sulle vittime di questa cruenta guerra. Dal marzo 2014 nell’est dell’Ucraina sono morte 9.300 persone, mentre 21.000 sono rimaste ferite. A questi vanno aggiunti 580.000 bambini ucraini, che vivono nelle aree vicino alle linee del fronte, per i quali la vita – secondo un dossier Unicef – è cambiata profondamente, causando problemi sociali e psicologici. Tutto questo mentre l’occidente che ha sostenuto la rivolta di Maidan se ne sta in silenzio, indifferente, aspettando che succeda qualcosa.

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