Per il Ministro Calenda i Parlamenti nazionali non devono interferire sulla firma del TTIP


di Alessandro Bianchi
Mentre il vice-direttore del Fatto Quotidiano arriva perfino a difendere le famigerate clausole ISDS del TTIP - definite più volte dal Premio Nobel per l'economia J. Stiglitz come un attacco alla democrazia tanto da consigliare il popolo inglese a votare per il Brexit – in Italia c'è il nuovo ministro per lo sviluppo economico che ha dichiarato senza vergogna alcuna che i Parlamenti nazionali non dovrebbero poter intralciare le negoziazioni della Commissione Ue con gli Usa per la firma della Nato economica.

Si tratta di dichiarazioni gravissime rilasciate a margine di un Consiglio Ue a Bruxelles il 13 maggio. E sono talmente gravi che, chiaramente sono rimasti all'oscuro dell'opinione pubblica, con la stampa italiana che ha deciso di non riportarle.
Tra i pochissimi che hanno dato importanza alle parole di Calenda, Giuliano Balestreri su Repubblica, che scrive:
"Per Bruxelles è sempre più difficile negoziare" ha detto il neo ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda spiegando come sia diventato complicato arrivare a un'intesa sul Ttip: "Dopo aver dato un mandato alla Commissione all'unanimità, dato che le opinioni pubbliche si sono girate contro abbiamo cominciato a toglierle poteri con il risultato che c'è un problema di credibilità nei confronti della controparte". Insomma per il ministro sarebbe meglio che cittadini e parlamenti nazionali non si occupassero della questione come se si trattasse di un semplice affare di dazi e dogane.
Questo è il livello di democrazia per il renzismo. Non si tratta nemmeno, come sottolinea correttamente Cesare Sacchetti oggi, di paura per il nostro Parlamento, totalmente piegato agli interessi che pretendono il TTIP. Spaventano paesi, con un minimo di sovranità e dignità residua, come Francia e Germania che hanno rilasciato dichiarazioni contrarie nei giorni scorsi.

I Parlamenti nazionali, per Calenda e il renzismo, sono solo intralci ai negoziati delle oligarchie finanziarie. Il messaggio è chiaro: quando trattano la fine dei vostri diritti, del Welfare e chiaramente della Costituzione, non devono avere nessun disturbo. Ecco perché - e nulla più delle dichiarazioni di Calenda ce lo dimostra - la Nato economica (il TTIP) e il progetto di distruzione della Costituzione sui dettami di JP Morgan imposto da Renzi sono due facce della stessa medaglia. I Parlamenti nazionali non devono essere più di intralcio. Con il referendum di ottobre, il no sarà un no anche al TTIP.

Nel frattempo, aspettiamo con ansia di leggere il prossimo articolo del vice-direttore del Fatto Quotidiano a giustificazione delle dichiarazioni di Calenda.

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