Sulle tracce del calzolaio Michail Molcanov, partigiano sovietico in Italia.


di Giacomo Marchetti, Maurizio Vezzosi e Anna Roberti
Ancora oggi non esiste un elenco con i nomi di tutti i partigiani stranieri che hanno combattuto in Italia. Spesso, nel caso di quelli sovietici, la loro storia, talvolta sconosciuta persino ai loro familiari, è stata scritta nel corso degli anni attraverso una ricerca che tuttora non può dirsi conclusa, per quanto vari recenti contributi abbiano fatto luce sulle vicende di tanti uomini che, arrivati nel nostro paese come prigionieri di guerra, sono divenuti protagonisti della Liberazione.
Uno di loro è Michail Molčanov (1917–1990), siberiano, veterano e decorato dell’Armata Rossa.
“Un soldato russo di nome Michele Magioano, il quale prestava servizio presso il comando tedesco di Ponte S. Martino in qualità di calzolaio”, attestano i documenti della formazione valdostana in cui ha combattuto.
La sua storia è stata portata alla luce dal giornalista Rafael Gol’dberg dopo averne trovato traccia negli archivi del KGB di Tjumen’ - Siberia occidentale - , ora desecretati e dunque liberamente accessibili.
Fino a quel momento i parenti di Molčanov sapevano solo che Michail era stato catturato dai nazisti e che, tornato in Unione Sovietica alla fine della guerra era stato inviato in Tadgikistan presso un campo di “filtraggio” dell' NKVD – in russo: acronimo di Commissariato del popolo per gli affari interni - , e soltanto nel 1953, aveva fatto ritorno a casa.
Per Michail Molčanov la Seconda Guerra mondiale era durata 12 anni.
Dai documenti presenti negli archivi del KGB, risulta che Michail Molčanov, catturato dai tedeschi il 18 Novembre 1941 nella regione di Tver’, a ovest di Mosca, era rimasto in un campo di prigionia fino al Febbraio 1942.
Era stato poi destinato al lavoro coatto per la manutenzione delle strade nella regione di Smolensk, nei ranghi del 102° Battaglione tedesco del Genio, fino al Settembre 1943.

Nell’Ottobre, insieme a tutto il Battaglione, era stato trasferito in Italia.

Durante gli interrogatori, il siberiano sostenne che inizialmente si era ritrovato a Modane e poi, dal Marzo 1944, in Valle d’Aosta presso il presidio tedesco di Pont-Saint-Martin dove lavorava come calzolaio per i tedeschi, essendo questo il lavoro che aveva svolto prima della guerra ed a cui si sarebbe dedicato anche in seguito. Nel Novembre 1944 riuscì a fuggire e si unì ai partigiani.
“Nel Novembre 1944 mi unii al distaccamento di partigiani italiani comandato da Badéry, mi trovavo nel battaglione del Comandante “Paul”. Fino al Febbraio 1945 siamo stati sulle montagne, nella zona di Pont-Saint-Martin, poi fino al Maggio 1945 ho partecipato insieme a questa Brigata partigiana a 5-6 grandi combattimenti contro i tedeschi. Il 3 Maggio 1945 gli americani fecero il loro ingresso a Pont-Saint-Martin e il 10 Maggio 1945 fui consegnato dagli americani al Comando sovietico” riporta il verbale dell’interrogatorio a cui fu sottoposto dal Dipartimento di controspionaggio dell’Armata Rossa.
Al momento della consegna al Comando sovietico Michail Molčanov aveva con sé due importanti documenti: il primo, sottoscritto dal Commissario Nevio e dal Comandante della Brigata Badéry, attestava che egli aveva partecipato alla liberazione di Pont-Saint-Martin tra le fila dei partigiani; il secondo, sottoscritto dagli ufficiali americani certificava che una serie di ex-prigionieri di guerra sovietici, tra cui Michail, avevano volto le armi contro i tedeschi.
Michail non aveva mai accennato della sua partecipazione al movimento di resistenza in Italia e solo l’anno scorso, a 25 anni dalla sua morte, la famiglia ha conosciuto questa sua esperienza.
Così, suo nipote Sergej, classe 1968, ha deciso di andare a fondo sulla vicenda e contattando Anna Roberti, che da molti anni si occupa dei partigiani sovietici attivi in Italia, ha deciso di recarsi in Italia in occasione del 9 Maggio, rendendo omaggio alla memoria del nonno, dei suoi compagni e di tutto il movimento di Resistenza.
Riportiamo di seguito una cronaca della visita in Val d'Aosta di Sergej, nipote di Michail Molčanov, durante la quale è stato accompagnato da Anna Roberti che ha organizzato il suo soggiorno e gli ha fatto da interprete: nella cronaca ripercorriamo alcuni episodi significativi della Resistenza e del ruolo dei partigiani sovietici nella zona.
Una dei primi luoghi visitati dal nipote di Molčanov è stato il bivio tra Nus e Fénis. Qui il 18 Luglio 1944 i nazisti, scortati da una divisione della RSI avevano fucilato per rappresaglia undici prigionieri partigiani prelevati dalle carceri “Le Nuove” di Torino: di questi, almeno cinque erano sovietici. I loro corpi, inizialmente disposti in una fossa comune nel cimitero di Fénis, erano poi stati riesumati da Nicola Grosa – a cui è stato reso omaggio durante le celebrazioni - e sepolti nel 1966 nel Sacrario della Resistenza del Cimitero Monumentale di Torino.
Nel luogo della fucilazione, su di un grande masso una lapide riporta i nomi dei caduti: in una scultura adiacente costruita con del filo spinato che celebra la loro memoria, Sergej ha legato il Nastro di San Giorgio.
Seguendo le tracce della militanza partigiana del nonno, successivamente Sergej ha raggiunto la cittadina di Pont-Saint-Martin dove ha incontrato Solange Soudaz, Assessore alla cultura del Comune di Perloz e responsabile del Museo della Resistenza dello stesso comune, e Marie Badéry, figlia del comandante della III Brigata Lys - in cui Michail aveva combattuto - e Presidente della sezione ANPI “Mont Rose”.
La zona fu colpita del terribile bombardamento alleato del 23 Agosto 1944 che provocò 130 morti, 300 feriti e la distruzione di tutti gli edifici adiacenti.
Proprio nel luogo dell’appuntamento, Piazza 1° Maggio, i partigiani si ritrovarono al momento delle Liberazione, dopo essere scesi dalle montagne.
Imboccando il cosiddetto “Sentiero della Libertà” la visita è proseguita a Perloz, un comune abbarbicato a 660 metri d’altezza e composto da una costellazione di circa sessanta villaggi: Perloz è stato decorato nel 1995 con la Medaglia di bronzo al Valor Militare “per l’indomita lotta della popolazione intera contro i nazifascisti”: nel capoluogo la delegazione ha visitato il Centro di Documentazione e Museo della Resistenza “Brigata Lys” insieme a Giorgio Fragiacomo, già maestro elementare e volontario del Museo.
Sergej ha donato al Museo moltissimo materiale sulla vita del nonno partigiano: fotografie, copie degli interrogatori cui suo nonno fu sottoposto al ritorno in patria e nei quali aveva narrato la sua esperienza partigiana e la copia di alcuni rari documenti.
La tappa successiva è stata la frazione di Marine di Perloz, dove nella Piazza intitolata alla III Brigata Lys si trovano il busto che ricorda il comandante Bono Badéry ed il monumento alla Brigata, sul quale sono incisi i nomi dei combattenti: dopo quelli degli italiani, si legge “più 54 forestieri”.
Pare che tra questi vi fossero anche un australiano e un polacco.
Davanti al monumento, Sergej ha posato per terra un bicchiere di vodka coperto con una fetta di pane di segale, e vi ha acceso di fianco una candela “per le anime dei caduti”.
Nella frazione si trova anche la grande “Campana Aurora”: suona tutti i giorni alle nove e un quarto per ricordando il momento il cui, l’8 Dicembre 1943, fu sparato il primo colpo di fucile contro i nazifascisti. Questo fatto concise con la creazione della prima banda partigiana di Perloz. L'ultimatum per la chiamata alle armi della RSI era scaduto e tre carabinieri stavano salendo verso la frazione per catturare alcuni renitenti: Bono Badéry e altri quattro compagni, aprirono il fuoco mettendo in fuga i militi. La campana è intitolata ad Aurora Vuillerminaz “Lola”, partigiana fucilata a Villeneuve il 16 Ottobre 1944 e vuole, col suo nome, essere simbolo della rinascita dopo la notte del nazifascismo ed un monito, che non renda possibile il ripetersi dell'immane tragedia della guerra.
Non lontano dalla frazione si trova l’abitazione di Alfredo Vuillermoz, figlio del partigiano Zeffirino Vuillermoz, membro della Brigata Lys. Suo figlio ha accolto cordialmente Sergej ed il resto del gruppo: purtroppo suo padre, ormai deceduto, non gli aveva mai accennato dei sovietici presenti nella Brigata, cosa che invece aveva fatto Bono Badéry con sua figlia Marie, parlando esplicitamente di un russo che in patria lavorava come calzolaio.
A comporre la Brigata Lys erano due battaglioni: uno comandato da Bono Badéry, l’altro da Paul Juglair. Oltre il borgo di Marine, lungo una stretta strada con innumerevoli tornanti - costruita solo dopo la guerra - , il gruppo è salito nella zona delle “baite”, dove si erano acquartierati questi due battaglioni e che Michail Molčanov aveva sicuramente frequentato, anche se al momento non è stato chiarito a quale dei due distaccamenti fosse stato destinato.
Dopo una camminata in mezzo ai boschi Sergej ha raggiunto i luoghi dove si trovavano due delle basi dei partigiani della Brigata Lys, nei pressi dell’alpeggio di Mont Rot: qui, su un grosso masso, è stata incisa una scritta che ricorda i 300 partigiani - di cui venti caduti - che facevano parte della Brigata.
Solange e Marie, le figlie di due degli uomini che combatterono al fianco di Molčanov hanno descritto a suo nipote Sergej quali fossero le condizioni di vita per i partigiani: la cucina all’aperto, il riposo nel fienile e nella stalla, la fontana per bere e lavarsi, e le grotte , nelle quali in caso di pericolo, essi si rifugiavano o nascondevano le armi.
Di ritorno a Torino, il 9 Maggio il nipote del siberiano ha partecipato alla ormai tradizionale commemorazione dei partigiani sovietici sepolti presso Sacrario della Resistenza del Cimitero Monumentale cittadino prendendo parola per ricordare suo nonno e i suoi compagni e per sottolineare quanto la vittoria sul nazifascismo sia stata possibile grazie al sacrificio e alla lotta di molti popoli.
Per approfondire l'attività dell'Associazione Russkij Mir di Torino ed il tema dei partigiani sovietici che hanno combattuto in Italia rimandiamo all'articolo pubblicato da L'Antidiplomatico di Giacomo Marchetti e Maurizio Vezzosi ed alla bibliografia che questo riporta.


Photogallery.

Fig.1 Una delle baite della Brigata Lys




Fig.2 Sul Sentiero della Libertà


Fig.3 Le baite arroccate sulla montagna


Fig.4 All'interno di una delle baite gli scarponi di uno dei partigiani


Fig.5 La porta di una baita


Fig.6 La tavola sul siberiano Michail Molčanov Nel museo di Perloz


Fig.7 Il Nastro di S.Giorno sul Monumento alla memoria dei partigiani



Fig.8 Sergej Molčanov davanti al busto del Comandante Bono Bàdery insieme alla figlia Marie


Fig.9 La celebrazione del 9 Maggio davanti al Sacrario della Resistenza di Torino

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