Perché la vittoria di Trump cambierà (e in meglio) i rapporti tra Russia e Stati Uniti



di Eugenio Cipolla


Che qualcosa sia già cambiato nell’aria e soprattutto nei rapporti tra Russia e Stati Uniti, nonostante l’elezione di Donald Trump sia stata ufficializzata solo da qualche ora, lo si è capito quasi subito, non appena il Cremlino ha diramato la nota di congratulazioni al tycoon newyorkese da parte del presidente russo, Vladimir Putin. Per carità, nelle scorse settimane la Russia aveva fatto sapere di essere pronta a collaborare con qualunque candidato avesse vinto, ma le parole utilizzate da Putin per congratularsi con il suo nuovo omologo sono significative di come la temperatura rovente nelle relazioni tra i due paesi possa presto abbassarsi.


Putin, ha fatto sapere il servizio stampa del Cremlino, ha detto di sperare «in un lavoro comune per l’uscita dalla crisi delle relazioni russo-americane, nonché nell’affrontare le questioni pressanti dell’agenda internazionale e nella ricerca di risposte efficaci alle sfide della sicurezza globale». Tradotto significa che a Mosca ora, con il nuovo corso politico guidato da Trump, ci si aspetta una sterzata decisa alle trattative sulla situazione in Siria e in est Ucraina e sul comportamento di Washington nei confronti della Russia, molto freddo con sin dall’avvento dell’amministrazione Obama. Su quest’ultimo punto Putin ha espresso fiducia nel fatto che venga avviata «la costruzione di un dialogo costruttivo tra Mosca e Washington, un dialogo che si basi sui principi di uguaglianza, rispetto reciproco, nell’interesse dei popoli dei propri paesi e della comunità internazionale».


Ma cosa cambierà veramente nei rapporti tra Russia e Stati Uniti? Ci sarà davvero una svolta e la fine delle guerra fredda 2.0 avviata da Obama? La domanda, ovviamente, in queste ore se la stanno ponendo un po’ tutti, analisti politici in primis. E, ancor più ovviamente, dare una risposta certa non è possibile, perché predire il futuro, come ci hanno dimostrato i sondaggisti americani, è pressoché impossibile. Tuttavia, se Donald Trump sarà coerente con quanto detto in campagna elettorale, nei primi dodici mesi della sua amministrazione potremmo vedere già significativi cambiamenti. Anzitutto in Siria e Ucraina.


La situazione in territorio siriano e le tensioni degli ultimi mesi sono arcinote. Durante i vari dibattiti e comizi elettorali, Trump ha sempre attaccato la Clinton, addossandole la responsabilità per quanto sta accadendo ad Aleppo. «Guardate Aleppo – aveva detto il 20 ottobre, nel corso del terzo e ultimo dibattito televisivo - è così triste quello che sta succedendo. E molto di questo è colpa di Hillary Clinton. Perché questo è quello che è successo contrastando Assad, che si è dimostrato molto più duro di quello che lei pensasse». Verso il presidente siriano Trump non ha mia nascosto un certo grado di stima. «E’ molto più duro e intelligente di Clinton e Barack Obama: tutti pensavano se ne sarebbe andato due, tre anni fa, si è allineato con la Russia, si è allineato con l’Iran. Sono posizioni che l’hanno reso molto forte». Parole chiare che lasciano intendere come, una volta insediatosi, Trump cercherà di porre fine al dualismo Russia-Usa attualmente in vigore in Siria, creando piuttosto un’unica forza capace di dare il colpo di grazia all’autoproclamato Stato Islamico.


Se in Siria sembrano esserci buone speranze, anche in Ucraina qualche spiraglio potrebbe aprirsi molto presto. Il mese scorso, quando Poroshenko è arrivato negli Usa a margine dell’Assemblea della Nazioni Uniti, Trump si è rifiutato di riceverlo (ufficialmente per impegni pregressi) per cercare di dare un segnale di discontinuità rispetto al duo Obama-Clinton. Se Hillary fosse stata eletta, avrebbe sicuramente rivisto le politiche in materia di assistenza militare all’Ucraina, fornendo a Kiev armi letali e aumentando le tensioni con la Russia. Ma questo ora non accadrà, perché la poca considerazione di Trump verso la NATO si rifletterà anche sull’Ucraina e dunque sui rapporti con la Russia, allentando le tensioni tra i due paesi. Anche perché il neopresidente Usa negli scorsi mesi non ha escluso una revisione delle sanzioni contro la Russia e a un riconoscimento ufficiale della Crimea come territorio di Mosca. «Sono fatti successi due anni fa. Volete tornare indietro, volete iniziare la terza guerra mondiale per restituirla?», aveva detto ad agosto durante un comizio in Ohio. La strategia di Trump, secondo molti, è quella di non interferire più negli affari interni di un paese, l’Ucraina, considerata poco utile e molto costosa (gli Usa hanno concesso a Kiev diversi miliardi di dollari in prestiti e garanzie).


Insomma, le prospettive al momento sono buone. Anche sul tema dei rapporti in generale con la Russia. Quando durante il dibattito del 20 ottobre venne accusato da Hillary di essere un burattino voluto da Putin, Trump rispose di non conoscere il presidente russo. «Non lo conosco – affermò di fronte a milioni di telespettatori – ma sarebbe meglio essere amici. So che mi stima e so anche che non rispetta Hillary», chiosò, ripetendo di essere disposto a collaborare con la Russia nella lotta contro lo Stato Islamico. L’ultimo sondaggio condotto dall’istituto demoscopico russo VTsIOM prima del voto di ieri aveva rivelato come il 29% dei russi sia convinto che la vittoria di Trump migliorerà i rapporti fra Stati Uniti e Russia (solo il 4% in caso di vittoria di Hillary), mentre il 35% è sicuro che la vittoria il trionfo di “The Donald” rappresenterà la migliore opzione per gli interessi nazionali russi. Solo il tempo potrà dirci se sarà così, ma intanto il pericolo di una nuova guerra mondiale tra Russia e Occidente è scampato.

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