Il troglodita Trump e la festa di Miami



di M. H. Lagarde - CubaSì


Attraverso un comunicato reso pubblico poche ore dopo il decesso del leader della Rivoluzione Cubana, Fidel Castro Ruz, il presidente più impopolare mai eletto negli Stati Uniti d’America ha affermato: «Oggi il mondo apprende della morte di un brutale dittatore che ha oppresso il proprio popolo per circa sei decenni. L’eredità di Fidel Castro è fatta di plotoni d’esecuzione, ruberie, sofferenze inimmaginabili, povertà e negazione dei diritti umani fondamentali.

Mentre Cuba continua ad essere un’isola totalitaria, il mio augurio è che questo giorno significhi l’allontanarsi dagli orrori che sono durati per troppo tempo, e andare verso un futuro nel quale il meraviglioso popolo cubano possa finalmente vivere in quella libertà che tanto merita.

Anche se le tragedie, i dolori e le morti causate da Fidel Castro non possono essere cancellate, il nostro governo farà tutto il possibile affinché il popolo cubano possa finalmente iniziare il proprio viaggio verso la prosperità e la libertà».

L’irrispettoso messaggio di Trump contrasta con le dichiarazioni di decine di leader politici e figure mondiali, incluso il presidente uscente degli Stati Uniti Barack Obama, che hanno dato risalto alle forti emozioni provocate dal compagno Fidel per tutta la sua vita, all’impatto della Rivoluzione sulla vita dei cubani ed espresso condoglianze alla famiglia del leader cubano.

L’ultima bravata di Trump, tuttavia, era in sintonia con l’immorale festa per celebrare «la morte di Fidel» dove centinaia di cubani riuniti di fronte al ristorante Versailles a Miami, hanno brindato con champagne e gridato offese contro la memoria dello scomparso leader cubano.

Come dichiarato da Trump nel suo comunicato: «Mi unisco ai cubano-statunitensi che mi hanno appoggiato durante la campagna presidenziale, tra cui l’Associazione dei Veterani Brigata 2506 che mi ha sostenuto, con la speranza che un giorno potremo vedere una Cuba libera».

A quanto pare il nuovo presidente, che a causa delle sue dichiarazioni contro le donne e gli immigrati, ha perso nel voto popolare rispetto alla democratica Hillary Clinton, sembra pronto a ripetere gli errori di quei governi nordamericani che hanno scelto di sostenere un gruppo di mafiosi eredi della sanguinaria dittatura di Fulgencio Batista a scapito dei diritti umani, non solo dell’immensa maggioranza del popolo cubano, ma anche dei cittadini statunitensi.

In occasione della sua visita elettorale alla brigata 2506 qualcuno avrebbe dovuto dire al prossimo presidente come un gruppuscolo di mafiosi anticubani imbarcò con le sue bugie l’amministrazione Kennedy nella fallita invasione della Baia dei Porci, la prima grande sconfitta dell’imperialismo in America.

I batistiani, che dopo aver ucciso 20mila giovani cubani, e che dopo il trionfo della Rivoluzione trovarono rifugio sicuro negli Stati Uniti, riuscirono allora a convincere il governo di turno che quando i membri d’invasione della brigata 2506 sarebbero sbarcati presso la Ciénaga de Zapata, il popolo cubano «oppresso» si sarebbe lanciato nelle strade in loro appoggio.

Come è noto, invece, accadde il contrario con il popolo di Cuba che si riversò in massa per le strade in sostegno al proprio leader Fidel Castro, per difendere la prima Rivoluzione Socialista in America a sole 90 miglia dall’impero. L’invasione degli elettori di Trump durò appena 72 ore.

Se da questo lunedì il nuovo presidente non sarà molto occupato con il reality show per scegliere il suo gabinetto, potrà conoscere il vero popolo libero di Cuba che tornerà in piazza per rendere tributo al più grande cubano del XX secolo.

Sarà senza dubbio un’altra opportunità per Donald Trump di scegliere tra la verità e la menzogna, tra i vincitori e i vinti.

(Traduzione dallo spagnolo per l’AntiDiplomatico di Fabrizio Verde)

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