Come e perché la Cina sta provando a ritagliarsi un ruolo nella crisi ucraina


di Eugenio Cipolla

Il 2017 per l’Ucraina e per gli ucraini si è aperto esattamente come si era chiuso: con la guerra in Donbass e nessuna prospettiva di miglioramento all’orizzonte. La pausa natalizia nell’est del paese è stata praticamente inesistente, e la neve e le temperature rigide, che nelle scorse settimane hanno toccato anche i meno 20, non hanno fermato i combattimenti sulla linea del fronte tra separatisti filorussi e esercito governativo. I rilevamenti dell’Osce, che continua la missione di monitoraggio stretta nella morsa di un freddo gelido, raccontano un deciso incremento degli scontri nel periodo immediatamente successivo al 7 gennaio, data del Natale ortodosso.

Venti giorni dopo l’inizio del nuovo anno, dunque, è cambiato poco e nulla dal punto di vista militare, mentre sul terreno della diplomazia qualcosa sembra muoversi. La notizia del giorno arriva da Davos, dove martedì si sono incontrati Petro Poroshenko e Xi Jinping. Il presidente cinese si è proposto come mediatore nella crisi ucraina,
auspicando che il paese «mantenga stabilità sociale e sviluppo economico. Noi dal canto nostro – ha aggiunto – siamo disponibili a svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere una soluzione politica della crisi». La Cina ha espresso la sua disponibilità a intensificare la cooperazione bilaterale con Kiev e Poroshenko, secondo la
ricostruzione cinese, ha accolto con favore la prospettiva di nuovi investimenti cinesi nel paese.

Un’apertura, quella cinese, che potrebbe segnare un punto di svolta nell’influenza di Pechino in Europa orientale e che arriva, non a caso, dopo l’ultima visita di Joe Biden in Ucraina, dopo la quale il vice presidente americano ha sollecitato l’entrante amministrazione Trump a proseguire sul solco delle sanzioni alla Russia. Il vuoto che si creerà dopo il 20 gennaio, con il tycoon americano pronto ad ammorbidire le sanzioni e a mollare la presa sull’ex repubblica sovietica, sono viste come un’opportunità dalla Cina, che peraltro è il garante dell’Ucraina in relazione all’adesione del paese al trattato di non-proliferazione delle armi nucleari.

A Kiev da tempo esiste il partito filo-Pechino, cioè quello che preme perché il quartetto di Normandia per la risoluzione della guerra in Donbass venga allargato anche a Xi Jinping. Tuttavia ci sono diversi motivi per credere che ciò difficilmente si realizzi. Il primo, e sicuramente il più importante, è che da un punto di vista geopolitico
non esiste alcun motivo per coinvolgere Pechino nelle trattative sulla guerra in Donbass. Russia e Ucraina ci sono perché i fatti sono sotto gli occhi di tutti, mentre il ruolo di Francia e Germania è dovuto al vuoto politico lasciato dall’inconsistenza del commissario europeo alla politica estera, Federica Mogherini.

Poi c’è un aspetto molto più pragmatico e riguarda il futuro scontro tra Usa e Cina. Perché se Trump manterrà le promesse fatte in campagna elettorale, allora nei promessi mesi assisteremo a una guerra commerciale senza precedenti e questo potrebbe indurre Pechino a declassare l’Ucraina a problema secondario. E siccome non c’è due senza tre, difficilmente la Russia potrà essere d’accordo a estendere il formato Normandi, perché altrimenti indebolirebbe automatica la propria posizione, dovendo accettare non solo i punti di vista di Pechino ma anche un’eventuale ingresso degli Usa, che a quel punto non avrebbero motivo per non reclamare un posto.

Ad ogni modo, Pechino sta aiutando e continuerà ad aiutare l’Ucraina nel tentativo di espandere la propria influenza commerciale sul paese. Negli scorsi giorni il governo cinese ha fornito a Kiev attrezzature di soccorso militare e veicoli a motore per far fronte alle difficili situazione sorte nelle ultime settimane in Donbass. Un aiuto che come controparte prevede l’apertura indiscriminata del mercato ucraino alla Cina. L’amministrazione Poroshenko vuole collaborare con Pechino nel mercato immobiliare e in quello dei prestiti ipotecari e la Cina ha già confermato il nuovo interesse. A questo deve aggiungersi che Xi Jinping ha già proposto a Poroshenko la firma di un accordo per la creazione di una zona di libero scambio, ma per adesso il presidente ucraino sta temporeggiando, poiché i prodotti cinesi sono altamente competitivi e rischierebbero di distruggere la già poca domanda interna ucraina. Comunque vada un percorso è già stato avviato, quello della creazione di una nuova “via della seta” che arrivi in Europa aggirando la Russia.

Le più recenti da NOTIZIE BREVI

On Fire

"Bersagli legittimi". La Russia passa ufficialmente ad una nuova fase del conflitto

di Marinella Mondaini per l'AntiDiplomatico Adesso si fa sul serio, la Russia sta passando ad una nuova fase. A Mosca le indagini proseguono e poco fa le dichiarazioni del presidente Putin, del capo del...

F-16, "bersagli legittimi" e NATO. Cosa ha detto (veramente) Vladimir Putin

di Marinella Mondaini per l'AntiDiplomaticoIl presidente russo Vladimir Putin ha visitato il 344esimo Centro Statale Addestramento e Riqualificazione del personale dell'aviazione militare del Ministero...

Pepe Escobar - Il Collegamento Nuland - Budanov - Crocus

  di Pepe Escobar – Strategic Culture [Traduzione a cura di: Nora Hoppe]   Cominciamo con la possibile catena di eventi che potrebbe aver portato all'attacco terroristico sul Crocus....

Il "piano Draghi": ora sappiamo in cosa evolverà l'UE

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico Io credo che le prossime elezioni europee andrebbero inquadrate nel modo più corretto possibile. Provo a dare la mia interpretazione. 1 Si dà troppo...

Copyright L'Antiplomatico 2013 all rights reserved
L'AntiDiplomatico è una testata registrata in data 08/09/2015 presso il Tribunale civile di Roma al n° 162/2015 del registro di stampa