Ecco come il “democratico” occidente maltratta i giornalisti russi


di Eugenio Cipolla


Quando un paio di anni fa la Rada, il parlamento ucraino, ritirò gli accrediti ai giornalisti russi, a seguito della situazione in Donbass, fummo tra i pochi a denunciarlo, facendo notare come tutti coloro che si erano impegnati per la libertà di stampa dopo gli attacchi al settimanale parigino Charlie Hebdo, avessero in quell’occasione tenuto un profilo molto basso, disinteressandosi della questione. La mossa della Rada, chiaramente patrocinata da Petro Poroshenko, non fu solo uno sgarbo alla Russia e Vladimir Putin, ma anche una grave limitazione della libertà di stampa, che purtroppo ha creato un precedente che nelle ultime settimane si sta ripetendo sempre nei confronti dei giornalisti, sempre con il consueto silenzio del sistema occidentale.


Ne sanno qualcosa quelli di Russia Today che in pochi giorni hanno ricevuto dagli Stati Uniti d’America (qualcuno la definisce la più grande “democrazia” del mondo) un uno due incredibile. Prima da Mark Zuckeberg, che attraverso Facebook ha bloccato la pagina del canale tv russo. «Per noi si tratta di censura politica», ha detto Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Affari Esteri russo. La tempistica d’altronde fa venire più di qualche dubbio. Perché se è vero che Russia Today avrebbe violato alcune norme sul copyright, è ancor più vero che la tempistica con la quale si è impedito al più grande network russo in lingua inglese di documentare con foto e video l’insediamento di Donald Trump è piuttosto sospetta.


Ma i regali a stelle e strisce riservati a Russia Today non finiscono qui, perché a Washington DC, durante le proteste contro l’insediamento di Trump, sfociato in scontri tra facinorosi e polizia, è stata arrestato Alexander Rubinstein, giornalista dell’emittente russa di base tra la capitale Usa e New York. Rubinstein stava documentando la manifestazione, quando all’improvviso è stato arrestato dalla polizia americana con l’accusa di coinvolgimento nei disordini. «Il nostro dipendente è libero – ha detto il servizio stampa del canale – e nel mese di febbraio dovrà affrontare la prima udienza. Gli avvocati ci hanno consigliato di astenerci da qualsiasi commento». Rubinstein però rischia 10 anni di carcere e una multa di 25 mila dollari. Questo nonostante subito dopo l’arresto abbia rivelato la propria identità e spiegato cosa ci faceva lì.


Tornando da dove siamo partiti, ossia dall’Ucraina, oggi si è registrato un nuovo episodio di discriminazione ai danni di giornalisti russi. Durante una visita ufficiale a Helsinki, dove ha tenuto un incontro bilaterale con il presidente della Finlandia, Sauli Niinisto, Petro Poroshenko si è rifiutato di rispondere alle domande poste dai giornalisti russi. L’episodio, raccontato da Interfax Ucraina, è avvenuto nel corso della conferenza stampa successiva all’incontro. Quando un giornalista russo ha preso la parola per fare una domanda a Poroshenko, il presidente ucraino si è rifiutato di fornire una risposta, limitandosi ad affermare:«Smettete di uccidere gli ucraini e liberate il nostro territorio!».


Poroshenko è sembrato irremovibile anche qualche istante dopo, quando ad un successivo tentativo da parte dei giornalisti russi di avere risposte dal capo di stato ucraino, ha detto che non rilascerà più interviste ai media vicini al Cremlino, mentre la Russia sta occupando il territorio ucraino. Comportamento prevedibile quello del presidente ucraino, non certo come quello del suo omologo finlandese, rimasto in silenzio di fronte a questo siparietto, nonostante il suo paese sia, nella classifica di RSF al primo posto nel mondo per la libertà di stampa.

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