Astana, la fine della guerra in Siria ora è possibile


di Mostafa El Ayoubi - Confronti


Chi avrebbe mai ipotizzato che i turchi si sarebbero seduti intorno allo stesso tavolo con i russi e gli iraniani per discutere della crisi siriana con l’intento di avviare un dialogo per mettere fine ad una guerra che ha distrutto la Siria e consentito ad al Qaeda e altri movimenti come Daesh – accomunati dalla stessa ideologia jihadista takfirista, ideata e diffusa con il sostegno economico di alcuni paesi del Golfo – di mettere sottosopra tutto il mondo arabo!


Come è noto la Russia e l’Iran sono alleati con il governo siriano, mentre Turchia, Usa, Ue e petro-monarchie del Golfo escogitano dal 2011 vari piani per far cadere al Assad. Inoltre le relazioni diplomatiche tra Mosca e Ankara si erano molto deteriorate dopo il caso dell’aereo militare russo (Su-24) abbattuto dai turchi nel novembre 2015 al confine tra la Turchia e la Siria, dove le truppe russe erano impegnate a combattere i terroristi di Daesh e al Nousra, che invece il governo turco sosteneva logisticamente. Ma, per calcoli geostrategici, il 27 giugno Erdogan inviò a Putin una lettera di scuse per l’incidente.


E anche tra Ankara e Teheran non corre buon sangue. La Turchia è membro della Nato, la quale, da 38 anni porta avanti una spietata guerra diplomatica, mediatica, economica e culturale contro la repubblica islamica iraniana, considerata un « pericoloso nemico dell’Occidente». Per di più l’establishment turco – legato ideologicamente ai Fratelli musulmani, che sono sunniti – considera gli iraniani degli eretici, in quanto sciiti che stanno accrescendo la loro influenza politica e religiosa nel mondo islamico.


Eppure questa ibrida troika è riuscita, il 31 dicembre 2016, a far adottare dall’Assemblea generale dell’Onu la risoluzione 2336, che impone un cessate il fuoco tra l’esercito regolare siriano (e le milizie alleate, in particolare Hezbollah) e le opposizioni armate, ad esclusione di Daesh e al Nusra, in quanto riconosciuti internazionalmente come gruppi terroristici. Quest’ultima ha anche cambiato nome per apparire moderata, ma resta sempre una fazione agguerrita di al Qaeda.


Il trio è riuscito ad indire il 23 e 24 gennaio ad Astana, capitale del Kazakistan, una conferenza sulla Siria della quale hanno fatto parte rappresentanti del governo di Damasco, guidati dall’ambasciatore siriano all’Onu, ed esponenti dell’opposizione “moderata”, che comprende diverse milizie armate e membri della Coalizione nazionale siriana, che opera a partire da Istanbul ed è sotto controllo dei turchi e dai sauditi. La delegazione dell’opposizione era guidata da Mohamed Allouche, capo del movimento salafita armato Jaysh al-Islam (Esercito dell’islam), legato all’Arabia Saudita, una dei grandi esclusi, assieme a Qatar e Usa (e all’Ue ovviamente!) da questo meeting. Paesi che – ormai è noto – hanno favorito la diffusione del terrorismo in Siria per provocare un “regime change”, perche quello attuale è incompatibile con i loro interessi geostrategici. È da notare che le milizie siriane curde non sono state invitati all’incontro perche la Turchia non le voleva!A boy looks on while residents inspect a damaged building in the rebel held besieged city of Douma, a suburb of Damascus, Syria February 27, 2016. REUTERS/Bassam Khabieh – RTS89AQ


Il team dell’opposizione al governo di Damasco, scelto in prevalenza da Ankara, era dominato da una presenza di esponenti dei Fratelli musulmani. Ciò fa pensate che l’Akp, il partito islamista oggi al potere in Turchia, vorrebbe piazzare i suoi cugini della fratellanza all’interno di un ipotizzabile futuro governo di unità nazionale. E ciò gli consentirebbe di esercitare qualche influenza sullo Stato siriano.


A differenza della Conferenza di pace di Ginevra sulla crisi siriana, quella di Astana ha un connotato più militare che politico. Il suo obiettivo è mettere in pratica la risoluzione 2336, cioè porre fine allo scontro armato e avviare un processo di riconciliazione tra lo Stato siriano e i gruppi armati. E poi eventualmente, se le “opposizioni” frammentate saranno in grado di esprimere una propria delegazione, si riaprirà a Ginevra (per la quarta volta dall’inizio della guerra) il negoziato politico tra i siriani. Il documento finale della Conferenza di Astana ha sottolineato la sovranità dello Stato siriano, impegnando le parti in conflitto a rispettare il cessate il fuoco e a favorire il lavoro umanitario. È la stessa troika a fare da garante di questa fase di transizione del conflitto.


Teoricamente, questa nuova strada sembra lineare, ma praticarla non sarà facile perché le incognite sono diverse. Come si comporteranno Arabia Saudita e Qatar, che hanno speso una fortuna per inondare la Siria di jihadisti, per trasformarla in una specie di Emirato sottomesso e in contrasto con l’Iran ? Tutto dipende da ciò che gli Usa faranno in Medio Oriente. Trump ora si trova tra le mani una patata bollente: un suo eventuale disimpegno in Siria rischia di mettere in crisi l’Arabia Saudita (il suo principale luogotenente) e Israele, perché rimetterà in sella il governo laico di al Assad e rafforzerà la presenza iraniana nel Medio Oriente e ciò potrebbe far riemergere con forza la questione del conflitto israelo-palestinese, che è rimasto al margine dell’attenzione della comunità internazionale da quando nel 2011 scoppio la famigerata primavera Araba.


L’eventuale riconoscimento di Gerusalemme (indivisibile) come capitale di Israele è una concessione in cambio di tale disimpegno? E cosa succederà nell’intero Medio Oriente se questa sua idea si trasformasse in un atto concreto (anche se ha detto di recente che riguardo a questa questione non c’è fretta)? E a tal riguardo come si comporteranno i terroristi di al Qaeda/Daesh? E la Nato come si comporterà nei confronti della Turchia, che ora si trova con i piedi in scarpe diverse? Mentre la Russia e l’Iran tengono molto all’unità e sovranità della Siria, la Turchia oggi invece ne occupa decine di chilometri ed è considerata da una grande maggioranza dei siriani come parte del problema. Potrà Ankara diventare – seriamente – parte dalla soluzione della crisi in questo Paese? la Russia che si è posta come sostenitrice dello Stato siriano, ha presentato alle parti in conflitto una bozza di Carta costituzionale, riproponendo cosi la logica coloniale del decidere per i “sottomessi”. Non spetta ai siriani decidere la loro nuova Costituzione? Qual è lo scopo di questa mossa dei russi?


Di fronte a tutte queste inestricabili incognite, il fatto che il summit di Astana abbia avuto luogo è già un piccolo miracolo che fa ben sperare che il popolo siriano possa tornare a vivere in pace; se i big geopolitici acconsentiranno, ovviamente!

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