L’ex pilota militare che odia Putin e vuole governare l’Ucraina con una dittatura militare sul modello Pinochet

di Eugenio Cipolla

«La Russia è il nostro nemico. Io odio Putin». Su da che parte sia Nadia Savchenko, parlamentare e ex pilota militare ucraina, condannata lo scorso anno da un tribunale militare russo a 22 anni di prigione per essere coinvolta nell’uccisione di alcuni giornalisti russi in Donbass e successivamente graziata dal presidente russo, non ci sono dubbi. Nonostante negli ultimi tempi qualcuno in patria l’abbia accusata di collaborazionismo con la Russia, a causa di alcuni incontri con i capi delle autoproclamate Repubbliche di Donetsk e Luhansk per cercare di mediare la situazione nel Donbass, la Savchenko ha bene in mente le priorità per il suo paese e le persone da combattere per cambiare una situazione sempre più esplosiva. «Il nostro nemico numero 1 è Putin», ha detto l’ex pilota intervistata dal quotidiano canaede Globe and Mail. «Ma è impossibile combatterlo se dietro di te hai il nemico numero 2. Ci sono molte possibilità che il nemico numero 2 si accordi con il nemico numero 1 per ucciderti».


Il nemico numero 2 per Nadia Savchenko risponde al nome di Petro Poroshenko. Il presidente ucraino, che aveva lavorato a lungo per riportarla in patria, scambiandola alla fine con due prigionieri russi detenuti in Ucraina, è diventato da qualche tempo a questa parte il bersaglio principale della parlamentare, che lo ha definito addirittura «nemico del popolo e degli ucraini». Dietro le considerazioni della Savchenko, eletta nelle liste del partito di Yulia Tymoshenko, Patria, e successivamente fuoriuscita per contrasti e divergenze con l’eroina della rivoluzione arancione, ci sono ambizioni politiche.


L’obiettivo di Nadezhda, come la chiamano affettuosamente i suoi sostenitori (il suo gradimento come possibile presidente è al 5%, ma raggiunse punte del 15% subito dopo la sua scarcerazione da parte delle autorità russe), è quello di prendere il posto di Poroshenko. E non con una rivoluzione di piazza come quella di Maidan che nel 2014 aprì lo spazio all’attuale classe dirigente ucraina («in questa situazione qualsiasi protesta di piazza sfocerebbe ben presto in nuove violenze qualsiasi protesta di piazza sfocerebbe ben presto in nuove violenze». La soluzione, per fare in modo che «l’Ucraina torni più forte» è l’instaurazione di una dittatura militare. «Se mi chiederanno di fare il presidente, io sono pronta», è l’assicurazione della Savchenko.


«Sono sicura che ci vorrebbe più o meno una dittatura dopo la guerra, al fine di stabilizzare il paese e normalizzare la situazione. Noi dobbiamo avere un leader forte, che possa controllare la situazione fino al prossimo passo per lo sviluppo». Il modello da adottare sarebbe quello del dittatore cileno Augusto Pinochet, che la Savchenko mette piazza nelle prime posizioni del suo pantheon assieme ad Angela Merkel, Ronald Reagan e Margareth Tatcher. «Certamente Pinochet è stato un dittatore, ma in senso altruistico. Il Cile è stato molto meglio dopo di lui che prima». E lei vorrebbe guidare l’Ucraina nella stessa direzione.


Dichiarazioni ambigue che hanno lasciato basiti molti nel mondo politico ucraino. Attualmente la Savchenko non ha molte possibilità di diventare presidente, soprattutto dopo che ha chiesto di lasciare la Crimea alla Russia in cambio delle regioni del Donbass. Ma in uno scenario politico fortemente frammentato con la presenza di numerosi leader e partiti (non ultimo quello di Saakashvili, annunciato giusto ieri), un’eventuale raggruppamento della Savchenko potrebbe portarla a diventare uno dei maggiori attori politici della stagione post-Poroshenko.

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