Mario Magri. Il legionario antifascista perseguitato da Fiume fino alle Fosse Ardeatine.


a cura di Maurizio Vezzosi

Sono anni che mi trovo confinato e ho conosciuto centinaia di rivoluzionari; però, questi rivoluzionari li ho visti sempre, o sopra i libri, o con i libri sotto il braccio. Mai nessuno che si sia rivolto a me per avere nozioni militari che sono necessarie in una rivoluzione. Vuol dire che questa guerra rivoluzionaria sarà fatta scagliando i libri. Può darsi che ciò abbia la sua efficacia, ma fa parte di una strategia a me sconosciuta.
Mario Magri


A Roma, il 24 Marzo del 1944 alle cave della via Ardeatina l’occupante nazista realizzava una delle più efferate stragi della storia italiana del novecento: una strage che inghiottì la vita di 335 martiri.
La dirigenza nazista, dopo il duro colpo subito dai Gap a via Rasella, dispose una feroce rappresaglia con cui intendeva “far tremare il mondo”. Per l’occupante nazista e collaboratori fascisti la strage delle Fosse Ardeatine, fu l’occasione per sbarazzarsi di tante figure scomode, che né il confino, né la prigione, né le torture erano riusciti a piegare. Una di queste fu quella dell’aretino Mario Magri: una figura di cui il fascismo conosceva bene la pericolosità e la determinazione.



Le maschere del fascismo tentarono ad ogni modo di appropriarsi della tradizione democratica risorgimentale e del suo portato socialista: con ogni mezzo il fascismo intese fagocitare il patriottismo democratico ed appropriarsi dei simboli e delle rivendicazioni del movimento operaio, del malcontento popolare che precedette e che seguì il primo conflitto mondiale, e che tanti reduci dalle trincee della Grande Guerra come Mario Magri portarono in spalla verso Fiume.
Il Capitano Magro fu una delle figure più in vista della Reggezza Italiana del Carnaro, di cui guidava autorevolmente le attività dell’Ufficio Colpi di Mano.

Malgrado le trame mussoliniane ed il maquillage con cui intese appropriarsi dell’avventura fiumana, furono molti come Mario Magri i Legionari di Fiume che si opposero con le idee e con la forza al dilagare della repressione fascista, scontrandosi con l’atteggiamento suicida di gran parte della dirigenza del movimento operaio.

Tutto quello che sappiamo di Mario Magri lascia intendere che fosse un uomo che disprezzava la ricerca della notorietà: un uomo determinato, il cui fare tranquillo non veniva turbata dall’audacia del suo agire.



A Roma, una piccola strada nella zona della Balduina porta il suo nome confondendolo nella miriade di altri nomi grandi e piccoli che fanno comodo alla toponomastica capitolina: probabilmente gli stessi abitanti della Balduina ignorano chi sia Mario Magri, mentre nella sua città natale, Arezzo, manca del tutto un ricordo pubblico del Legionario antifascista martire delle Fosse Ardeatine. Su pressione dello storico Enzo Gradassi – a cui si deve il prezioso lavoro di riscoperta e di ricerca storica sulla figura del Capitano Magro – quasi un anno fa il Consiglio Comunale di Arezzo ha deliberato l’intitolazione del porticato del Liceo Classico che Magri frequentò da adolescente con risultati disastrosi. Tuttavia, ad un anno dalla delibera comunale, via Mario Magri rimane nella lista dei buoni propositi. Se non bastarono le Fosse Ardeatine per scalfire la sua coerenza, c’è da credere che il disinteresse e l’incuria vergognosa che le istituzioni riserbano alla memoria ed al ricordo della sua figura scivolerebbero addosso alla serenità del Capitano Magro.
Dalla presentazione del libro di Enzo Gradassi “Il Capitano Magro. L’avventura di un giovane aretino da Fiume alle Fosse Ardeatine” edito nel 2015 da Fuori Onda.



Mario Magri nacque ad Arezzo nel 1897 e qui trascorse i suoi primi anni di vita. Fu un pessimo studente, uno scapestrato che subi? anche un processo per piccoli furti. Volontario nella Grande Guerra si rivelò ottimo ufficiale, fu ferito e decorato. Poi seguì Gabriele D’Annunzio nell’Impresa di Fiume e ne divenne uno dei prediletti, perché capace di audaci imprese. Per amore di liberta? rifuggi? il fascismo e, accusato di complottare contro la vita di Mussolini, fu condannato al confino come «pericoloso all’ordine e alla sicurezza dello stato» fascista. Fra Lipari, Ponza, le isole Tremiti, Ciro?, Petrona? e Pescopagano, fu l’unico oppositore del fascismo a scontare 17 anni consecutivi di confino, senza passare attraverso alcun processo. Entrò in relazione con repubblicani e anarchici, comunisti e senza partito, e anche con personalita? come Sandro Pertini e Umberto Terracini, Mauro Scoccimarro e Roberto Bencivenga. Riacquistata la libertà nel 1943, raggiunse Roma dove operò nella Resistenza al fascismo e al nazismo. Catturato dai tedeschi, fu incarcerato a via Tasso, dove divise la cella con il capo del Fronte Armato Clandestino Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo e con don Pietro Pappagallo. Dopo sessanta giorni di sevizie, a seguito dell’attentato di via Rasella, fu tra i 335 martiri assassinati dai nazisti alle Fosse Ardeatine.




Dalla lettera di Umberto Terracini del 4 Luglio 1956 contenuta nella raccolta delle memorie autobiografiche di Mario Magri edito da Ludovico Puglielli editore nel 1956.

“Spirava da tutta la sua persona un senso di forza indomabile. E, quando lo vedevo scendere e salire le stradine aspre dell’isola col capo alto, il suo passo sempre uguale, saldo, ritmico mi dava la sensazione di tanta certezza, di un cos’ tranquillo dominio delle cose attorno, che io stesso ne traevo per me nuova fiducia. Era come se egli dicesse “Sono qui, perché per ora non voglio andarmene”. Si sapeva – e se ne chiacchierava tra i confinati – che altre volte che aveva deciso di andarsene dai luoghi in cui si trovava, una meravigliosa audacia lo aveva sorretto, se anche non sempre con una fortuna fedele. Ed intorno a lui era intessuta come una leggenda di paesi lontani, di guerre tra strani popoli, di fortezze, di evasioni.
A Ponza certamente – oltre che la vendicativa rabbia del fascismo – lo trattenevano i dolci legami con cui l’aveva avvinto la giovane che fu sua moglie. Essi passavano, mano nella mano, con un sorriso ineffabile trascorrente dall’una all’altra bocca. E noi, chiusi in una solitudine sentimentale che ci inaridiva il cuore, coglievamo quel rapido bagliore di felicità con i nostri sguardi invidi, e tuttavia quasi confortati. Come se fossero una promessa per ognuno che la gioia, l’amore, non erano morti nel mondo. Ed ancora li avremmo conosciuti.
Oggi, ecco, noi siamo approdati al loro lido.
Ma lui, Mario Magri, ha raggiunto invece la grande spiaggia dell’infinito.
Il suo passo uguale, saldo, ritmico, non batte più le strade della terra, dacché l’ultimo che gli fu permesso – che gli fu imposto – l’ha portato alle soglie delle Ardeatine, all’oscura gloriosa conclusione.
Ma egli resta nel mio ricordo come il portatore di una forza indomabile. Per domarla si dovette distruggerla. Ma, fisicamente distrutta, restò, resta lievito spirituale a noi sopravvissuti per la nuova battaglia progressiva.”


Oltre ai riferimenti bibliografici contenuti nel testo segnaliamo l’ottimo articolo di Raffaele Morani sulla vita di Mario Magri. Ringraziamo infine Enzo Gradassi per la passione e per l’impegno che dedica alla memoria del Capitano Magro.


Foto 1 – Mario Magri con la divisa dell’esercito italiano

Foto 2 – La foto segnaletica del Capitano Magro

Foto 3 – Mario Magri con altri confinati a Lipari

Foto 4 – Mario Magri a Fiume con Gabriele D’Annunzio


Le foto sono riprese dal sito dell’editore FuoriOnda


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