Corea del Nord: la quiete prima della tempesta?


di Fabrizio Poggi


Per il momento sembra che non si assisterà a una ripetizione del 7 novembre 1941, allorché i reparti dell'Armata Rossa, dopo la sfilata sotto il mausoleo di Lenin, si diressero direttamente al fronte, a pochi chilometri da Mosca.

La parata militare di stamani a Pyongyang, in occasione del 105° anniversario della nascita del primo presidente della RDPC, Kim Il Sung, sembra piuttosto rappresentare la risposta nordcoreana alla “parata” di guerra allestita dagli Stati Uniti nel mar del Giappone, a distanza di volo dei caccia imbarcati sulla portaerei “Carl Vinson”. E anche l'invito ai giornalisti stranieri nella RDPC, di cui scriveva nei giorni scorsi la Reuters, a presenziare a un “grande e importante avvenimento”, pare doversi riferire all'inaugurazione a Pyongyang della nuovissima via Ryomyong (via dell'Aurora) o “strada dei grattacieli”, piuttosto che a un nuovo test missilistico. Dopo i timori di ieri e della notte, pare che Washington abbia sospeso i propositi di attacco.



Ad ogni buon conto, alla sfilata militare in Piazza Kim Il Sung, non sono mancati nuovi missili balistici basati su sommergibile, oltre a carri armati, artiglierie semoventi, nuovi modelli di sistemi antiaerei. In quella che è considerata la principale festa nazionale, denominata Giorno del Sole, un gruppo aereo acrobatico ha raffigurato il numero “105”.


Ma, anche se l'attacco USA non c'è stato, difficile dire quanto possa durare il periodo di “pace armata”: se sia solo rimandata l'aggressione o se, davvero, Trump sia stato convinto a tentare la via dello strangolamento economico contro la Corea del Nord. Nella tarda serata di ieri, l'Associated Press scriveva che Washington non avrebbe attaccato la RDPC in caso di nuovi test nucleari, contando però sull'appoggio di Mosca e Pechino per nuove sanzioni; ma che il discorso sarebbe stato diverso in caso di lanci missilistici in direzione di Giappone, Corea del Sud o Stati Uniti. Ora, la giornata non si è ancora conclusa e RIA Novosti ricorda come proprio nel 104° anniversario, il 15 aprile 2016 Pyongyang avesse lanciato il primo missile a medio raggio della classe “Musudan” e nel 2015 fosse stato effettuato il quinto test atomico: non si esclude che oggi si possa assistere al sesto esperimento nucleare.


Intanto, la squadra navale guidata dalla “Carla Vinson”, con la scorta dei cacciatorpediniere lanciamissili “Michael Murphy” e “Wayne E. Meyer”, dotati di sistema “Aegis”, incrociatore lanciamissili “Lake Champlain” e sommergibile atomico della classe “Ohio”, armato con oltre 150 “Tomahawk”, non sembra aver alcuna intenzione di abbandonare le acque dirimpetto la penisola coreana.

Gli indizi, nonostante un certo “sospiro di sollievo” che stamani si poteva cogliere nei lanci di numerose agenzie, per il mancato attacco USA da tutti preventivato, non sono comunque molto diversi da quelli del pomeriggio di ieri, con lo spazio aereo e marittimo attorno alla Corea del Nord completamente sgombro, segno dei timori internazionali per la situazione nell'area e con la Cina che avrebbe intenzione di sospendere da lunedì prossimo parte dei collegamenti aerei Pechino-Pyongyang.

Il Consiglio di sicurezza giapponese sta affrontando la questione dell'evacuazione di 57mila connazionali residenti in Corea del Sud. Già dallo scorso martedì, le forze USA sull'isola giapponese di Okinawa, avevano riposizionato i complessi antimissilistici PAC-3 “Patriot” per l'intercettamento di eventuali missili nordcoreani. Uno dei due cacciatorpediniere, armato con “Tomahawk”, si troverebbe da ieri a meno di 300 miglia marine dal possibile obiettivo del centro di sperimentazione nucleare nordcoreano, che Washington sembra deciso a distruggere, in caso di nuovo test atomico nordcoreano. In questa eventualità, secondo la CNN, alle unità d'attacco USA potrebbero unirsi anche bombardieri strategici B-52, B-1B e B-2 di stanza a Guam. Secondo i media americani, l'attacco yankee potrebbe esser portato con armi non nucleari, ma le conseguenze di un bombardamento su un obiettivo di sperimentazione atomica - in cui è tra l'altro attivo anche il reattore atomico fornito dall'Urss alla Corea del Nord ancora negli anni '50 - sarebbero comunque quelle che ognuno può, forse solo lontanamente, immaginare.


Se queste sono le dimostrazioni di forza yankee, alla parata di stamani, scrive la giapponese Kyodo, il vice-maresciallo e membro del Consiglio di Difesa Nazionale Ryong Choi Hye ha ribadito che il paese è pronto a rispondere con il proprio potenziale nucleare a qualsiasi provocazione americana: “alla guerra totale, con la guerra totale; alla guerra nucleare, con un colpo nucleare”.


“Addossiamo agli Stati Uniti la piena responsabilità per le disastrose conseguenze che potrebbero scaturire dai loro atti insolenti", aveva detto ieri un alto funzionario del Ministero degli esteri e il Ministro degli esteri cinese Wang Yi aveva dichiarato che “la parte che darà inizio al conflitto dovrà assumersi la piena responsabilità storica e prepararsi a pagarne il relativo prezzo".


Pyongyang ha assicurato che, in caso di attacco USA, risponderà colpendo obiettivi americani sia terrestri che in mare. Il primo di tali bersagli sarebbe proprio la “Carl Vinson”; ma lo Stato maggiore della RDPC, come pure il vice Ministro degli esteri, Han Son Rjul, scrive RIA Novosti, parlano anche delle basi USA in Giappone e in Corea del Sud (Osan, Gunsan e Pyeongtaek, tutte a sud di Seoul) e della residenza presidenziale sudcoreana.

Da parte russa, stando a Interfax, gli esperti nucleari si starebbero occupando delle previsioni circa le conseguenze del possibile attacco USA al centro di ricerche nordcoreano. Secondo gli scienziati russi, preoccupati ovviamente in modo principale per il loro paese, in questo periodo dell'anno, solitamente i venti soffiano da Cina e deserto dei Gobi in direzione dell'Oceano Pacifico e, dunque, l'eventuale nube radioattiva non interesserebbe il territorio russo. Siamo tutti più tranquilli!

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