Così il governo Usa ha finanziato i media per influenzare le elezioni russe del 2016

di Eugenio Cipolla


La Russia ha influenzato le elezioni americane, la Russia ha influenzato il referendum costituzionale in Italia, la Russia sta influenzando le elezioni francesi e farà lo stesso con quelle tedesche. Negli ultimi sei mesi il mood prevalente del mainstream occidentale è stato questo. Ovunque succedesse qualcosa di inaspettato e contrario ai voleri dei vari sistemi di potere, subito venivano agitati gli spettri di spregiudicati hacker russi, pronti a piegare il volere della democrazie occidentali ai piedi di Vladimir Putin. Se sia stato veramente così, è difficile dirlo, anzi, perché per molti aspetti, avvenimenti inaspettati come la vittoria di Trump, sembrano essere più il frutto dell’inadeguatezza e della lontananza dal popolo americano da parte dei democratici che non un volere diretto del leader del Cremlino (oggi, alla luce delle tensioni Mosca-Washington, ne abbiamo la conferma).


Eppure, nel complesso sistema istutizional-mediatico occidentale, nessuno si è mai chiesto se sia mai avvenuto il contrario, ossia se qualcuno abbia provato in determinate occasioni a influenzare il corso della politica e della democrazia russa. L’ipotesi, in questo caso, potrebbe essere piuttosto plausibile, visto che le rivoluzioni colorate, dove lo zampino degli Usa era più che evidente, ci hanno insegnato che determinate strategie possono portare al rovesciamento di un sistema di potere, favorendo la presa di uno stato senza muovere armi ed esercito.


E qualcuno, a sentire Aleksey Mukhin, direttore generale del Centro per l’informazione politica, tra le più grandi società russe di consulenza, ci ha provato anche con la Russia, durante l’ultima tornata elettorale. Mukhin, nei giorni scorsi, nel corso di una seduta allargata del Comitato della Duma di Stato per l’informazione politica, ha sostenuto di aver trovato prove certe di interferenza degli Stati Uniti nelle elezioni parlamentari dello scorso anno. «Abbiamo trovato tracce dell’intervento diretto degli Stati Uniti – ha detto nel corso del suo intervento – e sono tracce abbastanza serie e affidabili».


La riunione ha visto la partecipazioni di parlamentari, politologi ed esperti nel campo dei media. Due le relazioni presentate. La prima dell’azienda ‘M13’, altra società che opera nel campo delle tecnologie informatiche avanzate, ha analizzato come ‘Radio Liberty’ e ‘Voice of America’ hanno coperto mediaticamente la campagna elettorale per le elezioni della Duma di Stato, lo scorso settembre.


Gli esperti hanno studiato tutti gli articoli pubblicati da queste due testate, giungendo a diverse conclusioni. Anzitutto che le notizie a riguardo hanno occupato solo una piccola parte del flusso di informazioni totali, circa il 4%, ma hanno avuto un impatto significativo sul processo elettorale. Sia Radio Liberty che VoA hanno parlato delle elezioni russe in maniera del tutto negativo, riportando solamente dichiarazioni di esponenti dell’opposizione, mettendo in discussione il carattere democratico del sistema elettorale russo, criticando esplicitamente le attività del partito di Putin, Russia Unita, e descrivendo il fenomeno corruttivo come parte integrante del partito di governo. «Le pubblicazioni negative di questi due organi sono circa il 43% del totale sul tema elezioni, per il 55% neutre e solo per il 2% positive», si legge nel rapporto.


Nel secondo rapporto, quello di Mukhin, l’attenzione si è spostata sulla creazione, da parte degli Stati Uniti, di una unità speciale all’interno dei servizi di sicurezza destinata alla guerra dell’informazione contro la Russia. Mukhin ha accusato il Dipartimento di Stato Usa di aver influenzato le elezioni russe non solo finanziando Radio Liberty e Voice of America, come già descritto nel primo rapporto di M13, ma di aver destinato fondi anche in favore della British Broadcasting Corporation (BBC). «C’è stato e c’è – è il parere di Konstantin Zatulin, deputato di Russia Unita – un tentativo di giocare sui sentimenti della gente, per presentare i membri del Parlamento e del governo come esempi viventi di doppi standard». Zatulin non è un deputato qualunque, ma colui che ha minacciato Washington di ritorsioni contro emittenti americani se gli Stati Uniti decideranno di varare sanzioni contro Russia Today.


Lo scorso Marzo, Jeann Shaheen, senatrice del New Hampshire, ha presentato al Congresso una proposta che conferirebbe al Dipartimento di Giustizia Usa una maggiore autorità nel verificare se Russia Today opera secondo le leggi del paese. Scatenando ovviamente le ire di Mosca, pronta a rispondere e a non farsi intimidire dall'ennesima provocazione a stelle e strisce.

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