Gentiloni e Rajoy scrivono a Maduro. "No all'Assemblea costituente!"


di Geraldina Colotti* - il Manifesto

Il falangista Rajoy è più affidabile del progressista Zapatero? Il guerrafondaio Uribe convince di più del papa Bergoglio? Il modello Trump è meglio della democrazia partecipata in Venezuela? Domande che sorgono dopo la pubblicazione delle lettera di Gentiloni e Rajoy pubblicata con gran rilievo dai media mainstream. Il ticket si rivolge al presidente venezuelano Nicolas Maduro per chiedergli di recedere dalla proposta dell’Assemblea costituente, lanciata il 1 maggio, pena il giudizio senz’appello della storia. Una lettera in difesa della «legittimità democratica del Parlamento» (a maggioranza di opposizione), delle manifestazioni «pacifiche» e della «separazione dei poteri», dell’«apertura di un canale umanitario» e dell’adozione di «un calendario elettorale chiaro e condiviso».

Come dire: buttate a mare il voto dei cittadini, l’agenda elettorale già fissata dagli organi preposti, il dialogo promosso da Zapatero e dal papa, le vostre istituzioni democratiche: perché lo dicono le destre, Trump e l’Europa della Troika. Che in Venezuela il Parlamento sia solo uno dei 5 poteri in campo, che vi sia un equilibrio a cui è preposto il Tsj e che sovvertirlo equivalga a destabilizzare il paese, evidentemente non disturba i due leader europei. Che le manifestazioni in corso da aprile siano in gran parte ben poco pacifiche li allarma ancora meno. Ancor meno li indignano i linciaggi contro chavisti afro-venezuelani, gli omicidi di poliziotti o di ignari passanti, falciati dalle «pacifiche» trappole degli oltranzisti venezuelani. Per quanti errori si possano attribuire al chavismo, il «rimedio» non sarebbe ben peggiore del «male»? Ma, soprattutto, da quale angolatura soppesare gli errori? Come inquadrarne la portata se non valutando l’incidenza dei siluri lanciati in questi anni contro l’economia e contro il governo bolivariano?


La congiuntura che attraversa il Venezuela è drammatica, ma non spiega l’inedita centralità del paese nell’informazione (a senso unico) dagli Usa all’Europa. Situazioni di ben altra gravità vengono ignorate dai media. Dall’inizio dell’anno, in Colombia, sono stati uccisi 46 leader sociali, 120 negli ultimi 14 mesi. Tra il 2002 e il 2016 i paramilitari hanno massacrato 558 dirigenti popolari e 2.500 sindacalisti sono stati ammazzati negli ultimi vent’anni. E che dire del Messico, dove sono scomparse 29.917 persone e dove ogni giorno viene ucciso un giornalista che va ad aumentare la lista degli studenti, dei maestri e degli attivisti ammazzati? Che dire dell’Honduras di Berta Caceres dei 111 ambientalisti uccisi, delle 41 bambine bruciate in Guatemala, dei prigionieri politici in Colombia o negli Usa?


«L'Italia e la Spagna – scrivono Rajoy e Gentiloni – saranno al fianco del Venezuela in questo difficile percorso». Di un certo Venezuela, ovviamente: quello che confida in Trump, in un blocco economico altrettanto inutile e feroce di quello imposto a Cuba, nelle ricette di un neoliberismo che saprà far meglio per favorire gli interessi capitalisti, ma tornerà ad azzerare quelli dei settori popolari, come in Argentina e in Brasile. Un campo che, nell’Assemblea annuale dell’Osa, in corso a Cancun (in Messico) fino a domani, tornerà a chiedere l’applicazione della Carta democratica contro Caracas. Ieri, il governo venezuelano, insieme alla chiesa di base messicana e ai movimenti ha denunciato l’aggressione dei suoi delegati da parte di «pacifici» manifestanti al seguito dei deputati venezuelani di opposizione. Trump ha lasciato intendere che potrebbe bloccare le importazioni di petrolio dal Venezuela e ha annunciato nuove sanzioni.



Intanto, il Venezuela è entrato a far parte della Banca Asiatica di infrastruttura che promette, in pochi anni, di esercitare un contrappeso all’egemonia finanziaria esercitata dall’Fmi, dalla Banca mondiale e dalla Banca asiatica di sviluppo concedendo prestiti ai paesi emergenti nei settori chiave come energia e trasporto. La Via della seta intrapresa dalla Cina potrebbe colpire il valore del dollaro e, per questo, l’oro del Venezuela (prime riserve al mondo insieme al petrolio) non è piatto da poco. Azzerare la costituzione bolivariana che impedisce di privatizzare le risorse diventa fondamentale. Lo scenario immaginato dall’esterno implica prima di tutto la cacciata di Maduro e il sabotaggio delle elezioni, e intanto una «transizione» da accelerare secondo il «modello libico» o siriano.


Ieri, chavismo e opposizione sono tornati a manifestare. In questi giorni, è stato arrestato anche «un paramedico» di Molfetta appartenente alla ong di opposizione Venerescate, in una retata in cui sono state recuperate armi e altri strumenti di aggressione.


*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autrice

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