Bolivia, Conferencia Mundial de los Pueblos per la "costruzione di una vera pace". Assente l'Europa e Trump

Da una parte (quella di Trump e della Troika), sfruttamento, guerra e devastazioni, dall'altra (quella di Cuba e del socialismo latinoamericano) una prospettiva di cambiamento strutturale a favore dei settori popolari. La Conferenza dei popoli in Bolivia. G.C.


di Geraldina Colotti* - il Manifesto

In Europa è passata sotto silenzio la Conferencia Mundial de los Pueblos che si è svolta in Bolivia martedì e mercoledì scorso per volontà del presidente Evo Morales. Eppure la discussione e la dichiarazione che ne è seguita consegnano un indirizzo prospettico di segno opposto a quello prevalente nel mondo. Nel segno di quell’America latina che scommette sul socialismo del XXI secolo, si è parlato della possibilità di un nuovo ordine mondiale che bandisca la guerra rimuovendo l’architettura finanziaria capitalista e le disuguaglianze e dei passi da compiere.




Una “nuova architettura finanziaria internazionale in cui non esistano organismi multilaterali al servizio del capitale transnazionale” per consolidare “la proprietà sociale delle risorse naturali”. Un nuovo ordine mondiale che metta al centro “un’altra relazione tra uomo/donna/Stato con la Madre Terra” in un momento in cui la principale potenza della storia, gli Stati uniti, rifiuta l’Accordo di Parigi per ridurre la temperatura globale e alimenta i conflitti ai quattro angoli del pianeta.

“La costruzione di una vera pace – recita la Dichiarazione finale – non è solo l’assenza di conflitti bellici, ma la rimozione della violenza strutturale attraverso l’accesso equo alla ricchezza e alle opportunità di sviluppo. Abbiamo individuato come principali cause di questa crisi i conflitti bellici e gli interventi militari, il cambiamento climatico e le enormi asimmetrie economiche tra gli Stati e al loro interno”.

Centrale, la crisi migratoria, causata dall’aumento della differenza tra ricchi e poveri e dalla corsa alle risorse naturali che ha moltiplicato i flussi migratori e incrementato fino a 65 milioni il numero degli sfollati a causa delle guerre e del cambiamento climatico.

“La crisi migratoria è una delle manifestazioni della crisi strutturale della globalizzazione neoliberista”, dice ancora la Dichiarazione. Tra i primi obiettivi, la Conferenza pone la cittadinanza universale e la libera mobilità delle persone, il rifiuto delle politiche di chiusura di Trump, dei muri in Europa e in Medioriente, ed esige rispetto e autodeterminazione per il popolo palestinese.

Tra gli impegni chiesti ai governi, anche quello di “lottare insieme contro le reti criminali che trafficano in esseri umani” e di considerare la tratta come delitto di lesa umanità. “Nessun essere umano è illegale, emigrare è un diritto” hanno scritto e spiegato gli oltre 4.000 delegati e attivisti sociali provenienti da 45 nazioni di 4 continenti. “Le società sono nate dalla mescolanza – ha detto Morales – i muri sono un delitto contro l’umanità, non proteggono, ma portano conflitto”.

Alla Conferenza di Tiquipaya hanno partecipato gli ex presidenti della Colombia (Ernesto Samper), dell’Ecuador (Rafael Correa) e della Spagna (José Zapatero) impegnati anche nel dialogo tra l’opposizione e il governo venezuelano, rifiutato dalle destre. Molte le dichiarazioni di solidarietà con il popolo venezuelano e contro la campagna di ingerenze lanciata a livello internazionale per abbattere il governo Maduro, eletto nel 2013.


*Pubblichiamo su gentile concessione dell'Autrice

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