È morto Paolo Villaggio, dissacratore del servilismo della piccola borghesia e della sinistra liberista


di Omar Minniti


Dopo l'indimenticabile Bud Spencer, il cinema popolare italiano perde un altro dei suoi interpreti più illustri ed amati. Paolo Villaggio se ne è andato ad 84 anni. Nell'immaginario collettivo resterà per sempre il ragioniere Ugo Fantozzi, dipendente dell'Ufficio Sinistri della MegaDitta.


Il Fantozzi di Villaggio è stato l'interpretazione dissacrante della piccola borghesia italiana, stretta nella morsa tra sfruttamento/alienazione e servilismo verso i capi. Costretta ad orari massacranti, straordinari, corse per timbrare il cartellino, mansioni ripetitive e spesso inutili ed a sopportare le angherie dei superiori schiavisti, ma anche disposta a tutto pur di scalare la gerarchia sociale. Classe lavoratrice, che però sgomita - a volte spacciandosi perfino per intellighenzia raffinata - pur di non essere confusa con il proletariato, con gli operai manuali.





I film di Paolo Villaggio sono visionari, chiaroveggenti, attualissimi. Oggi potrebbero essere ambientati nel call center di una grande corporation. L'unica cosa che manca, rispetto all'epoca in cui è stata girata la saga dello sfigato ragioniere, è il posto fisso, soppiantato da precarietà e flessibilità. Da manuale il dialogo tra un Fantozzi avvicinatosi al comunismo (dopo l'incontro con il compagno Folagra) ed il Megadirettore Galattico. Con quest'ultimo che parla come i padroni, ops... gli imprenditori o datori di lavoro "illuminati" del nostro tempo. Come un Marchionne, un Illy o Della Valle, evitando scientificamente ogni riferimento a termini che ricordino il conflitto di classe. Un dirigente aziendale che si definisce "medio progressista" ed auspica la risoluzione dei problemi sociali coinvolgendo "tutti gli uomini di buona volontà", tramite "una serie di civili e democratiche riunioni fino a che non saremo tutti d’accordo". Un linguaggio che non ricorda soltanto quello del centrosinistra liberale, ma perfino certe sfumature della sinistra post-marxista e radical chic, quella che oggi studia Murray Bookchin e santifica il confederalismo assembleare delle Ypg curde-siriane.


In "Dottor Jekyll e gentile signora" Villaggio interpreta l'odioso consigliere di una multinazionale, produttrice di ogni genere di liquame inquinante. Per diventare ancora più cattivo, un giorno ingerisce un misterioso siero e si trasforma, per errore, in mister Hyde. Un biondino che diffonde un messaggio di pace e amore, che vorrebbe, tramite la suddetta pozione, fare della Terra un paradiso di fratellanza. All'inizio i capi dell'azienda vogliono eliminarlo, ma poi riescono a farlo tornare utile ai loro tornaconti: sono, infatti, loro gli unici a produrre e mettere in commercio il siero, dai cui effetti sono rimasti immuni grazie alle maschere antigas. E' una chiara raffigurazione del Giano bifronte del capitalismo, in cui coesistono e si alimentano a vicenda due volti a prima vista contrapposti. Quello dell'imprenditoria rapace, predatoria, che devasta l'ambiente e non ha rispetto verso l'umanità. E quello "etico", "responsabile", che trae profitto da campagne di sensibilizzazione sociale e di green-washing, usato come foglia di fico proprio dai padroni maggiormente spregiudicati e famelici. Un altro messaggio contemporaneo, che smonta le teorie fashion tra la sinistra liberale e liberista, che propugnano la non incompatibilità tra mercato e diritti.


Paolo Villaggio è stato un gigante dello spettacolo, quando le forze marxiste erano ancora capaci di praticare l'egemonia culturale. Qualcuno dei compagni degli apericena troverà facilmente dei pretesti per contestarlo e non commemorare la sua dipartita. Parlerà del sessismo di Fantozzi nei confronti della signora Pina, casalinga su cui il ragioniere sfogava la frustrazione accumulata sul lavoro. O citerà alcune battute infelici sui gay, pronunciate da Villaggio in età senile, o le sue ultime simpatie verso il M5S. Così come a Carlo Pedersoli non fu mai perdonata una candidatura a destra. Altri, invece, cercheranno di appropriarsi della sua figura, "depurata" dal contenuto politico dei suoi film. Ma le opere dell'attore genovese, come quelle del Bud Spencer che prendeva a ceffoni i soldati Usa e gli speculatori, resteranno per sempre nel Pantheon del cinema italiano popolare ed impegnato. Un cinema profondamente sovversivo che non c'è più, che ha saputo produrre una spietata critica sociale anche quando ci ha fatto ridere a crepapelle.

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