“No pasaran”, “No al colpo di stato”, “Dov’è l’Europa?”: in migliaia a Barcellona per protestare contro gli arresti di Madrid


di Marco Santopadre - Contropiano


Lo Stato spagnolo è passato alla fase repressiva contro gli organizzatori del referendum indipendentista, compresi membri e funzionari della Generalitat, il governo della Catalogna. E’ un esito al quale molti esponenti politici e commentatori pensavano non si sarebbe arrivati, ma gli interessi in gioco sono consistenti e di fronte alla determinazione del fronte indipendentista catalano i poteri forti di un paese che non ha mai fatto i conti con il proprio passato fascista hanno deciso di passare all’azione. La parola d’ordine è impedire la consultazione con la forza.



Stamattina centinaia di agenti della Guardia Civil, hanno fatto irruzione negli uffici di molti dipartimenti della Generalitat e in quelle di due imprese private sequestrando materiale considerato illegale in quanto collegato al referendum del 1 ottobre. La ‘Benemerita’ ha operato finora 12 arresti, per la maggior parte di funzionari e dirigenti dell’amministrazione regionale catalana, tra i quali ci sono anche due stretti collaboratori del numero due della Generalitat, Oriol Junqueras, esponente di Esquerra Republicana. Si tratta di Josep Maria Jové e di Lluís Salvadó, entrambi responsabili del Dipartimento Economia e Finanze, accusato dalla magistratura e dal governo spagnolo di stornare illegalmente fondi pubblici per coprire le spese di organizzazione della consultazione popolare che dovrebbe sancire la fondazione di una Repubblica Catalana indipendente.


Le perquisizioni e gli arresti sono avvenute all’interno delle sedi del dipartimenti Economia e Finanze, Esteri, Lavoro e Affari Sociali, e all’interno di enti dipendenti dalla nuova Agenzia Tributaria della Catalogna, organismo creato dal governo catalano nei mesi scorsi proprio in previsione di un processo di disconnessione e disobbedienza nei confronti delle istituzioni centrali spagnole. Tra gli arrestati figurano anche alcuni dei responsabili del governo catalano per il voto elettronico, per le telecomunicazioni e per il settore informatico. Anche l’azienda privata Fundaciò.cat, incaricata di gestire il dominio internet ‘.cat’


Da mesi il giudice Juan Antonio Ramírez Suñer guida una speciale tasque force che in segreto stava preparando un’operazione repressiva su vasta scala volta a impedire l’organizzazione del referendum dichiarato illegale dal Tribunale Costituzionale all’inizio di settembre.


L’accentramento nelle mani del giudice Ramírez Suñer, realizzato con consistente anticipo rispetto agli eventi ed evidentemente su input del governo di Madrid, ha generato le proteste dei magistrati del Tribunale Superiore di Giustizia della Catalogna, di grado superiore e formalmente incaricati di ‘seguire il caso’. Di fatto Ramírez Suñer ha scavalcato la giudice del TSJC, Mercedes Armas, che alcuni giorni fa aveva respinto le richieste del procuratore che chiedeva di poter ordinare alla polizia una raffica di perquisizioni e di arresti a carico dei responsabili dei diversi dipartimenti del governo catalano.
Già prima dell’estate, il magistrato aveva ordinato alla Guardia Civil di interrogare vari dirigenti della Generalitat oltre al leader del “Coordinamento per un referendum pattuito con lo Stato”, il socialista catalano Joan Ignasi Elena.

Sempre stamattina, la Guardia Civil ha effettuato un altro blitz, stavolta a bordo di una nave privata, arrestando altre due persone e sequestrando schede elettorali e materiale informativo sulla consultazione del 1 ottobre. Nei giorni scorsi la polizia di Madrid aveva sequestrato circa un milione e mezzo di cartelli, manifesti e volantini in varie parti della Catalogna.

Il presidente del Partito Popolare in Catalogna, Xavier García Albiol, si è immediatamente congratulato con le forze di sicurezza. Su twitter l’esponente della destra nazionalista spagnola ha scritto, dicendosi orgoglioso dello ‘stato di diritto’ e del premier Mariano Rajoy: “Qualcuno credeva che separare la Catalogna dal resto della Spagna non avrebbe comportato conseguenze”. Incredibilmente, il Ministro degli Esteri spagnolo, Alfonso Dastis, ha accusato gli indipendentisti catalani di utilizzare ‘metodi nazisti’ per imporre il referendum.



A pochi minuti dall’inizio delle perquisizioni centinaia e poi migliaia di manifestanti, convocati dal tam tam telefonico e dei social, hanno iniziato a protestare nel centro di Barcellona davanti alle sedi del governo catalano occupate dagli agenti della Guardia Civil. I manifestanti gridano slogan – “Voteremo”, “Non abbiamo paura”, “No pasaran”, “No al colpo di stato”, “Dov’è l’Europa?”, “Sciopero generale!” – cantano ‘El Segadors’ (l’inno catalano) ed espongono garofani rossi e gialli (come la senyera, la bandiera catalana). Alle proteste organizzate dalle associazioni culturali Omnium Cultural e Associazione Nazionale Catalana, oltre ai militanti dei partiti indipendentisti – PDeCat, ERC e Cup – stanno partecipando anche i lavoratori del sindacato Comisiones Obreras, la cui sede si trova a pochi passi da uno dei ministeri presi di mira dalla Polizia. I manifestanti hanno anche bloccato il traffico nelle centrali Via Laietana e Gran Via, esponendo cartelli e striscioni per l’indipendenza.

A Sabadell, una delle più popolose città della Catalogna, la folla che protestava contro la repressione si è brevemente scontrata con gli agenti di polizia. Questo mentre i media hanno diffuso la notizia che le Direzioni Generali della Guardia Civil e della Policia Nacional hanno sospeso le ferie e i permessi di tutti gli agenti coinvolti nel dispositivo varato per impedire il referendum catalano.

A Catalunya Radio, il vicepresidente del Govern e Conseller dell’Economia, Oriol Junqueras, ha definito l’accaduto una “dimostrazione dello stato di polizia”. “Entrano all’interno della sede del Govern come se fosse un’azienda qualsiasi” ha denunciato l’esponente della Sinistra Repubblicana.

Dopo le perquisizioni e gli arresti, il presidente della Generalitat, Carles Puigdemont, ha convocato una riunione straordinaria del Governo in corso da mezzogiorno. Il suo portavoce Jordi Turull sui social ha chiesto agli indipendentisti di mantenere la calma e ha ribadito che il processo di disconnessione dallo Stato Spagnolo andrà avanti comunque: “Molta calma e serenità di fronte allo stato d’emergenza e di polizia. Il nostro impegno continua e con più ragioni ogni ora che passa”.

La deputata e dirigente della CUP – sinistra radicale indipendentista – Anna Gabriel ha chiesto al governo di garantire comunque la consultazione popolare prevista il 1 ottobre nonostante il ‘colpo di stato’ in corso. “Non ci può essere nessun passo indietro. E’ impensabile che il 1 ottobre non si voti, in caso contrario vorrà dire che il colpo di Stato ha vinto”.

La sindaca di Barcellona Ada Colau ha definito ‘uno scandalo democratico’ gli arresti per motivi politici avvenuti questa mattina, mentre i parlamentari di En Comùn, Erc e PDeCat abbandonavano la seduta del Parlamento di Madrid in corso.

L’esponente catalano di Podemos, Xavier Domènech, ha affermato che tutte le linee rosse sono ormai state superate passate. Dura la condanna del leader di Unidos Podemos, Pablo Iglesias, secondo il quale è intollerabile “che in Spagna ci siano prigionieri politici mentre un governo corrotto occupa le istituzioni”. Il segretario generale di Podemos ha insistito di nuovo sulla necessità di un accordo tra Catalogna e Stato Spagnolo che permetta un referendum convocato di comune accordo, una eventualità allo stato impossibile a maggior ragione dopo gli arresti di stamattina.

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