La sinistra turca boccia il referendum per l’indipendenza del Kurdistan



da sinistra.ch

La tensione sul confine fra Irak e Turchia sale: sia il governo irakeno sia il governo turco si oppongono al referendum secessionista voluto dal leader tribale Massud Barzani, apertamente sostenuto da Israele, volto a fondare un nuovo Stato chiamato “Kurdistan”.

Kemal Okuyan, segretario generale del Partito Comunista di Turchia (TKP) si oppone fermamente alla nascita del “Kurdistan” e nega che in questo caso si possa parlare del principio di autodeterminazione dei popoli: “questo non è un approccio marxista o progressista come alcuni sostengono: oggi questo diritto è diventato una carta vincente per la rivalità imperialista proprio come ieri. I lavoratori dovrebbero unirsi contro gli sfruttatori per evitare questa trappola. Perché Barzani e il popolo curdo avrebbero un destino comune? Coloro i quali oggi sostengono il referendum come foriere dell’emancipazione dei poveri dei popoli curdi, arabi o turcomanni in Iraq stanno mentendo. Anzi emergeranno nuovi conflitti, portando i poveri a scontrarsi”. Okuyan continua spiegando come “in tutto il mondo nuovi stati, o piuttosto semi-stati, siano stati fondati a seguito del crollo dell’Unione Sovietica, determinando un grave danno ai popoli della terra”.

Dal canto suo Dogu Perinçek, presidente del post-maoista Partito VATAN, da anni denuncia il “Barzanistan” come un progetto coloniale occidentale e si oppone a ogni separatismo etnico e su Sinistra.ch avevamo ospitato nel 2013 un suo articolo a riguardo (leggi). Egli sollecita anzi il governo di Ankara a intervenire, se necessario pure militarmente, per garantire l’integrità territoriale sia dell’Irak e di conseguenza anche della Turchia, e contrastare così i piani dell’imperialismo nella regione.

All’opzione militare è invece contrario Okuyan: egli ritiene Erdogan corresponsabile della nascita del futuro “Kurdistan” a causa dei suoi passati rapporti con Barzani. Inoltre il leader del TKP afferma che “le credenziali della Turchia sono estremamente deboli nelle questioni relative alla divisione dei paesi della regione. La Turchia fu ad esempio entusiasta della disintegrazione della Jugoslavia”. Perinçek invita però a concentrarsi sulla fase attuale, caratterizzata dal fatto che, con il fallito golpe del luglio 2016 che ha spinto Erdogan a sbarazzarsi della setta islamista e filo-atlantica di Fethullah Gülen, il Sultano abbia ora tutti gli interessi a opporsi ai piani americani e sionisti, e dunque contrastare fino in fondo l’ex-alleato curdo-irakeno.

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