Tulio Hernandez, incitatore d'odio venezuelano, presentato da 'Repubblica' come giornalista perseguitato



di Fabrizio Verde

Un articolo apparso sull’edizione napoletana del quotidiano ‘La Repubblica’ ha dato conto di un’iniziativa sulla persecuzione dei giornalisti organizzata al Palazzo della Arti di Napoli nell’ambito di ‘Imbavagliati, Festival Internazionale di giornalismo civile. Tra gli invitati era presente il sociologo venezuelano, autoesiliato, Tulio Hernandez.

Scrive Repubblica riguardo all’ospite venezuelano: «Tulio Hernandez, giornalista venezuelano costretto a lasciare il suo Paese dopo che durante un intervento televisivo, il presidente disse forte e chiaro che doveva essere arrestato a causa dei suoi tweet che – secondo Maduro - incitavano all’odio e al colpo di Stato».

Lo scarno racconto di Repubblica risulta essere incompleto. Andiamo quindi a vedere perché il sociologo venezuelano spacciato per giornalista ha deciso di autoesiliarsi dal paese. Noterete il solito metodo di operare da parte del circuito informativo mainstream sul Venezuela: edulcorare o mistificare il racconto, in pieno stile post-verità, per renderlo funzionale all’operazione volta a demonizzare il paese sudamericano agli occhi dell’opinione pubblica. Creare il mostro che poi sarà abbattuto, anche con la forza se necessario a salvaguardare i diritti umani negato da tiranno Maduro.

Tornando a Tulio Hernandez, dobbiamo dire, grazie alla ricostruzione fatta dal portale La Tabla, che si tratta di un accademico che parla e scrive sulla ‘cultura urbana’. Vive a Madrid dove ha deciso di esiliarsi dichiarando di essere un perseguitato dal presidente Nicolas Maduro.

Ma per quale ragione Tulio Hernandez ha deciso di fuggire dal suo paese?

Questo è il pezzo che manca nella narrazione monca di Repubblica: il 18 di aprile il sociologo Tulio Hernandez scrisse alcuni tweet dove invitava a lanciare oggetti come i vasi dai balconi all’indirizzo dei chavisti. Diceva: «Se ogni venezuelano democratico neutralizza un membro del Plan Zamora, sono militarmente sconfitti. Vale la pena ucciderli».

Il giorno seguente, 19 di aprile, un uomo decide di seguire l’indicazione del sociologo e lancia una bottiglia di acqua congelata contro alcuni chavisti che transitavano sotto la sua abitazione. Però colpisce Almelina Carrillo, un’operatrice sanitaria che si stava recando al lavoro. La donna morirà alcuni giorni dopo per le ferite provocate dalla bottiglia che le aveva provocato una frattura al cranio.

L’uccisione della lavoratrice causò molta preoccupazione ed Hernandez venne accusato di incitare «crimini di odio». Lui stesso si affrettò a cancellare i messaggi inviati attraverso il proprio account Twitter.

Anche se da ampi settori della società arrivarono forti richieste di persecuzione penale, e lo stesso presidente Maduro chiese un giudizio, l’ufficio del procuratore decise di non procedere nei confronti del sociologo. Quindi, Tulio Hernandez non ha ricevuto alcuna persecuzione in Venezuela. La sua uscita dal paese è avvenuta in piena libertà e può tornare in patria ogni volta che lo desidera.

Questo piccolo aspetto deve essere evidentemente sfuggito al redattore di ‘Repubblica’.

Una volta riapparso, Hernandez, ha rivendicato «certi atteggiamenti violenti» dell’opposizione, descritti come «violenza difensiva».

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