Curdi e Siria: cortocircuito dell'antifascismo

La settimana scorsa un collettivo studentesco di Bologna ha impedito lo svolgersi di un incontro sulla Siria organizzato da persone legate alla destra. In un video pubblicato poco dopo, il portavoce del collettivo, nell’illustrare i motivi del gesto, mescolava con estrema disinvoltura il problema dell’appartenenza politica dei relatori con la questione dei contenuti che avrebbero proposto, ossia il sostegno alla Siria e al suo governo. La confusione era tale che le due argomentazioni ne emergevano come fossero due facce della stessa medaglia, come se il sostegno al governo siriano non possa che essere espressione di un orientamento politico di destra.


Nella foto che corredava il comunicato del collettivo, gli studenti mostrano con orgoglio la bandiera “Antifa” accanto a quella delle YPG, le formazioni curde che combattono nel nord della Siria, identificate dal portavoce come “uniche formazioni democratiche” in azione sul suolo siriano. (https://www.facebook.com/cuabologna/photos/a.760206647372722.1073741829.758452864214767/1551696024890443/?type=3&theater)

Questa implicita delegittimazione di tutta quella parte di sinistra che sostiene il governo e il popolo siriano in quanto vittime di un’aggressione imperialista richiede una risposta.

L’aggressione alla Siria ha fin dall’inizio cercato giustificazioni “nobili” per assicurarsi l’adesione dell’opinione pubblica: prima la “rivoluzione democratica” del 2011, poi la difesa della popolazione civile.

Nella realtà, tutti i partiti di opposizione sono schierati con il governo (http://www.repubblica.it/esteri/2016/04/14/news/la_siria_al_voto_voluto_da_assad_il_karzai_di_damasco_io_sfidero_il_rai_s_-137612641/ e https://www.efe.com/efe/america/mundo/el-grupo-de-jmeimim-rechaza-que-la-salida-asad-sea-una-condicion-para-paz/20000012-2876635), e la paventata strage di civili è smentita non solo dalle notizie, ma anche dal rientro dei profughi in numeri che hanno stupito persino l’Agenzia per i rifugiati dell’ONU. (http://www.bbc.com/news/world-middle-east-40460126)


Ciò nonostante oggi, inspiegabilmente, la favola della (seconda) “rivoluzione democratica” del “Rojava” ancora trova anime candide pronte a darvi credito.

La democrazia da sempre offre un efficace ombrello ideologico alla devastazione di paesi altrui, come puntualmente emerge a posteriori. Eppure, la memoria collettiva pare resettarsi a ogni “allarme umanitario” lanciato nell’etere.


Così, una forza militare che ha spalancato le porte del territorio siriano alle forze armate americane e che rivendica un progetto separatista, all’interno di un’aggressione militare che ha fatto del separatismo la sua leva ideologica e strategica, diventa per parte della sinistra occidentale l’unica “formazione democratica” presente in Siria.

Gli studenti di Bologna accusano i loro mancati interlocutori di sostenere il governo siriano e vi contrappongono il sostegno alle YPG. Le YPG non sono alleate del governo siriano, ma non lo sono neanche del popolo siriano. Le YPG perseguono un proprio obiettivo che si traduce in sottrazione di terra e indebolimento della Siria come nazione, e quindi come popolo.

Ma il problema “Kurdistan” è soltanto l’ultimo episodio di un triste spettacolo a cui stiamo assistendo dall’inizio del conflitto.


Grosse fette della sinistra europea, che ha sempre fatto della ricerca e dell’analisi il suo punto di forza, sono precipitate in un tifo da stadio, tanto intransigente quanto inconsapevole, che confonde gli slogan con i contenuti.


Il portavoce del collettivo di Bologna arriva a dire: "Citando i grandi filosofi, citando le grandi nozioni di filosofia del diritto i fascisti sostengono il massacro della popolazione della Siria del nord [sic]. Ma questa cosa ci trova preparati: abbiamo le bandiere e abbiamo fatto un murales". Ai filosofi e ai princìpi, i giovani di Bologna contrappongono le bandiere e i murales.


Un collettivo di Pisa della medesima area politica ha risposto a chi lo attaccava sulla stessa questione postando in continuazione un unico articolo di Davide Grasso. Sia da Pisa che da Bologna si è reagito alle critiche esercitando il triste potere della censura. Tutti i commenti che argomentavano contro le posizioni dei due collettivi sulle formazioni curde sono stati rimossi, compresi quelli che proponevano link di approfondimento.


In nome di una “democrazia” che ha assunto il valore di un imperativo morale avulso dalla storia, da sei anni siamo ciechi di fronte alla più esplicita e più sfacciata operazione imperialista a memoria d’uomo.

Questa chiusura politica si fa ancora più grave considerata la convergenza tra le posizioni degli studenti dei collettivi “Antifa” e le posizioni di quegli organi di disinformazione che da sei anni si affannano a sostenere un’aggressione imperialista che non è difendibile con nessuno degli strumenti di lettura di cui la più nobile tradizione comunista ci ha dotato.


Roberta Rivolta

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