Corridoi umanitari pericolosi: perché allo sbarco in Italia gli etiopi diventano eritrei?



di Daniel Wedi Korbaria*


Della serie a Natale siamo tutti più buoni, il 22 dicembre 2017 sono stati fatti sbarcare all’aeroporto militare di Pratica di Mare circa 160 migranti africani provenienti direttamente dalla Libia. Invece che dai soliti barconi fatiscenti a cui siamo abituati, questa volta sono stati impiegati, in due distinti voli, i C130 dell'Aeronautica militare. Tutto questo alla presenza del Ministro dell’Interno Minniti, del Cardinale della CEI Bassetti e della stampa italiana.

Il primo aereo partito alle 16 è atterrato dopo sole due ore e mezzo di viaggio, giusto in tempo per il saluto ai bambini del Ministro e per una breve conferenza stampa sotto bordo. Finito lo show i richiedenti asilo sono stati fatti scendere e condotti nell’hangar dell’aeroporto con l’assistenza di mediatori culturali per essere identificati, foto segnalati e poi rifocillati con il cibo della Caritas Italiana. In seguito nell’arco della nottata, con numerosi pullman organizzati dalla Prefettura, sono stati tutti quanti smistati in vari centri di accoglienza in Italia, da Ferrara a Biella, da Firenze a Teramo, da Roma a Milano. E fin qui tutto bene.


Ma chi sono questi migranti sbarcati con gli aerei dell’Aeronautica militare italiana?

Secondo l’Avvenire erano tutti “con particolari fragilità che hanno diritto alla protezione internazionale” selezionati dall’UNHCR direttamente nei centri d’accoglienza libici. Eritrei, somali, etiopici, yemeniti. È forse per questo mix di paesi d’origine che il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma hanno richiesto vari mediatori culturali che parlassero amarigna (lingua ufficiale dell’Etiopia), tigrigna, somalo ed arabo? Si sa che agli eritrei, unici tra i 54 paesi africani, viene concesso in automatico lo status da rifugiato, ai somali e agli yemeniti viene invece offerto quello umanitario mentre agli etiopici non viene riconosciuto nulla e quindi, ufficialmente, un terzo dei passeggeri sarebbero dei migranti economici e dunque dovrebbero essere rimandati nel loro paese di origine. Il fatto che questo non sia successo in passato e che non succederà nemmeno adesso è perché tutti allo sbarco dichiareranno di essere eritrei.

Eppure in Etiopia si sta rischiando il genocidio così come successe nel Ruwanda. Le proteste anti governative non si fermano più e i morti si contano a centinaia. Il paese sta per esplodere. Gli Oromo, e non gli Omoro come scrive l’Avvenire, sono l’etnia di maggioranza (circa il 40% della popolazione) che da anni sta subendo ogni sorta di violenza dal regime minoritario al potere (6% sono i Tigrini), un regime che sta soffocando le loro legittime proteste con i proiettili delle sue forze speciali: Federal police, Agazi e Liyu police. Quindi sarebbe giusto riconoscere anche agli Oromo lo status da rifugiato. Ma non la pensa così l’UNHCR, per le sue statistiche non ci sono etiopici che scappano dall’Etiopia. Eppure in questi ultimi anni di massacri ne sono scappati centinaia di migliaia usando la rotta Somalia-Yemen, Sudan-Libia e Sudan-Egitto. Davanti all’ufficio dell’UNHCR del Cairo nel luglio 2016 alcuni di loro si sono dati alle fiamme per protestare contro l’organizzazione e il suo rifiuto a riconoscerli come rifugiati. Lo confermano alcuni dei ragazzi Oromo che sono sbarcati ieri: “In Libia ci sono oltre 3.000 oromo in una sola prigione che aspettano di partire per l’Italia.”

In questi anni gli etiopici hanno contribuito per il 60% a quello che l’UNHCR e tutti i media occidentali ripetono come un dogma e cioè che “5.000 eritrei al mese fuggono dal loro paese”. Una fake news colossale che voleva mirare al regime change in Eritrea.


Solo pochi giorni fa il primo corridoio umanitario direttamente dai campi profughi allestiti in Etiopia è stato organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio che ha fatto sbarcare in Italia una trentina di “profughi eritrei”. In realtà gran parte di loro erano etiopici. Nel programma di Sant’Egidio c’è di far venire in aereo in tutto circa 500 profughi eritrei dall’Etiopia e già si sospetta che gli eritrei veri saranno sì e no il 10%. Dietro a questo grande “imbroglio” c’è la Dottoressa Alganesh Fessaha proprietaria della ONG Gandhi Charity, ultra amata e ultra premiata in Italia, anche lei presente ieri durante lo sbarco all’aeroporto di Pratica di Mare assieme al ministro Minniti. Scambiandoci due parole mi ha rivelato: “Il Governo etiopico si è prodigato tanto per aiutarci preparando i lasciapassare dei richiedenti asilo in sole 24 ore”. La Dottoressa ha “sorvolato” sul fatto che gli aerei fossero per metà pieni di etiopici.


Ma cosa è cambiato adesso nella politica del Ministero dell’Interno per far arrivare in volo tanti etiopici? Nessuno avrebbe nulla da obiettare se l’Italia decidesse, usando i suoi aerei militari, di far sbarcare nei suoi aeroporti quanti etiopici voglia, anche tutti i 100 milioni di abitanti d’Etiopia. Quello che non si capisce è perché mai questi debbano diventare tutti eritrei allo sbarco. Quindi la mia domanda da eritreo è: Signor Ministro Lei ha adoperato i C130 per portare in Italia dei migranti “economici” oppure l’Italia ha deciso di concedere anche agli etiopici lo status da rifugiato perché fuggono una persecuzione di tipo etnico?


*Rappresentante della comunità eritrea in Italia

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