Venezuela, Avenida Bolivar. Verso il voto di domenica, una marea umana grida: "Non vogliamo tornare una colonia dell'imperialismo”

di Geraldina Colotti,

Caracas, 18 maggio



Verso mezzogiorno, l'Avenida Bolivar comincia a riempirsi, annunciando la marea che tra qualche ora riceverà Nicolas Maduro per la chiusura di campagna, tra canti e slogan e coriandoli nei colori della bandiera nazionale: “Vamos, Nico”, scandisconogli alleati del Gran Polo Patriotico, il gruppo di partiti che sostiene la ricandidatura del presidente, pur mantenendo il proprio simbolo. “Vamos, Nico”, sostiene la selva di simboli che testimonia il lavoro nei territori, nelle scuole, nelle campagne, nelle fabbriche occupate. “Vamos, Nico”, scandisce il movimento Somos Venezuela, che riattiva l'impegno di quella che, in Italia, si chiamerebbe “la società civile” e invece qui si presenta come società organizzata dal potere popolare.

Alcuni giornalisti occidentali, per la prima volta nel paese, prendono appunti con un'espressione di stupore che di certo non comparirà nei loro resoconti, filtrati dallo schema mediatico imposto comunque a livello internazionale. Questa marea cosciente e organizzata, che resiste nonostante la difficilissima situazione economica gridando che non intende tornare a essere “una colonia dell'imperialismo”, al massimo verrà dipinta come “populismo”. E lo spazio verrà riempito dalla cronaca spicciola, per amplificare la voce del padrone, portata all'estero dai rappresentanti di opposizione che chiedono l'invasione armata del paese come unico punto del loro programma.

A questo popolo organizzato e alla sua straordinaria coscienza politica, Nicolas Maduro dedica tutto il suo discorso di chiusura. Il Venezuela sta facendo storia – dice - e per imprimere una svolta al “proceso” occorre una forte dimostrazione di consenso: solo con milioni di voti alle elezioni del 20 maggio si potrà mettere a tacere l'arroganza dell'imperialismo, deciso a cancellare questo laboratorio unico, che scommette sul socialismo e su una rivoluzione non tradizionale. Contro i poteri forti, e anche contro le burocrazie interne, i corrotti, i sepolcri imbiancati “che fanno male al popolo più del capitalismo”, occorre tuttavia una svolta: una sferzata per ridare ossigeno alle condizioni di vita di questo popolo fiero ma stremato da un'economia sabotata e pervertita dai poteri forti e anche dai propri errori.

Maduro fa appello alle donne, vera e propria colonna produttiva e politica di questa rivoluzione. Chiede appoggio agli operai, che proprio in questi giorni hanno rimesso in moto la Kellogg's, la filiale venezuelana della multinazionale alimentare Usa, che ha chiuso dopo 56 anni di attività nella città di Maracay. Gli operai di Kellogg's non sono, però, rimasti senza lavoro come avviene nei paesi capitalisti, ma hanno preso in mano la produzione: con il supporto del governo, che ha requisito la struttura e emesso mandato di cattura per i suoi proprietari.

Ai giovani, il presidente chiede di prendere in mano il proprio destino, per evitare che il ritorno delle destre e del Fondo Monetario Internazionale azzeri le possibilità di futuro aperte in questi 19 anni di governo chavista, che ha puntato sui giovani come principale risorsa per lo sviluppo.

Toccherà a loro, domenica, difendere questa “democrazia partecipata e protagonista” che ha attivato una gigantesca e inclusiva “agorà” in cui il voto è una leva di consapevolezza, organizzazione e autodifesa. Oltre 50 “accompagnatori” internazionali hanno visitato una mostra sull'evoluzione del processo elettorale in Venezuela, constatando in che modo si sia passati da 8 milioni di iscritti a votare a 20 milioni. Alle centinaia di visitatori internazionali sono state mostrate per intero le diverse fasi di un sistema automatizzato, considerato a prova di frodi, che in pratica non smette mai di funzionare tra una scadenza elettorale e l'altra proprio perché il voto qui non è uno strumento formale. Un sistema di cui si è sempre servita anche l'opposizione, che ha vinto due elezioni nazionali e conseguito governi regionali e municipi, ma che ora considera privo di “garanzie” e per questo invita al boicottaggio.

Evidentemente, anche il programma neoliberista del candidato di centro-destra Henry Falcon e del gruppo di falchi della Scuola di Chicago, sembra insufficiente per la spappolata ma arrogante coalizione Mud, che ha cercato di lanciare senza grande successo una nuova coalizione, Frente Amplio. Per contrasto (la lotta di classe, in Venezuela, è anche guerra di simboli e battaglia sulla memoria), Maduro è diventato il candidato del Fronte ampio della patria, per dire che una sigla come quella del Frente Amplio appartiene alla storia della sinistra e delle sue organizzazioni e non può essere spostata a destra.

I veri simboli delle destre venezuelane, golpiste, affariste e speculatrici, sono personaggi come l'ex presidente colombiano Alvaro Uribe, gran padrino dei paramilitari, onnipresente nei raduni che, in questi giorni, cercano di riattivare le violenze contro “la dittatura”. Alla frontiera con la Colombia si è tentato un attacco alle installazioni militari venezuelane e ieri sera Maduro ha invitato a stare all'erta in queste giornate pre-elettorali. Sempre ieri sera, nel rutilante programma giovanile Zurda Konducta, è intervenuto il Procuratore generale Tareck William Saab, poeta di cultura libertaria che si è presentato esibendo i suoi tatuaggi e con la maglietta di Bob Dylan. Ha spiegato con video e foto l'ennesima montatura mediatica organizzata dalle destre a partire da una rissa per furto scoppiata in una prigione dove si trovano anche alcuni detenuti di opposizione in attesa di processo.

Nel suo discorso di chiusura, Maduro ha nuovamente convocato le forze di opposizione a un dialogo nazionale, ma ha anche promesso “mano di ferro” contro quei poteri forti che intendono strangolare l'economia del paese. Gli strumenti principali, che arricchiranno la costituzione bolivariana e ne preciseranno il quadro giuridico e programmatico, saranno l'Assemblea Nazionale Costituente, che ha riportato la pace e sta legiferando in nome dell'istanza primigenia della democrazia partecipativa, il potere popolare, e il Plan de la Patria 2019-2025, votato in tutte le strutture di democrazia diretta attive nei territori. Un programma ambizioso, che si proietta ben oltre i confini i confini del Venezuela e lancia segnali di speranza ai popoli del mondo intero.

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