di Omar Minniti
Un nuovo corto circuito mentale per le “sinistre” europee fucsia, rosé ed arcobaleno. La Sinistra (senza virgolette e con la S maiuscola) ha vinto per la prima volta le elezioni in Messico. Andrés Manuel López Obrador è il nuovo presidente del paese. Ha surclassato tutti gli avversari parlando di patriottismo, sovranità nazionale, lavoro, diritti sociali e lotta spietata alla corruzione ed al narcotraffico.
Wikipedia definisce “nazionalista di sinistra” il suo movimento “Morena” (acronimo di Movimiento Regeneración Nacional). Altri usano l’abusata etichetta di “populista”. Obrador è certamente un vero progressista, ma – come per la maggior parte delle sinistre latinomericane – i diritti individuali (o civili) non sono la sua priorità, in un paese immenso e ricco di risorse ma poverissimo e con uno scomodo vicino di casa. Anzi, come fanno notare i rosiconi de Il Foglio, Obrador è "alleato da un lato con il Partito del lavoro, una formazione veteromarxista, e dall'altro con Incontro sociale, un partito di fondamentalisti cattolici contrari all’aborto e al matrimonio lgbt". Quest’ultimo è, in realtà, un partito cristiano evangelico, catalogato come di destra o centrodestra, conservatore sui temi etici ma attento alle questioni sociali. Uno degli slogan più gettonati della campagna elettorale del neopresidente è stato: "Prima la Patria!"
Se vivesse in Italia, o se su di lui si dovessero applicare le categorie di moda tra l'intellighenzia radical-chic nostrana, Andrés Manuel López Obrador verrebbe facilmente etichettato come rossobruno - un rossobruno in salsa guacamole - dai sinistri che chiedono “confini aperti come i culi”, sono allergici agli stati-nazione e credono che sovranismo e patriottismo facciano sempre rima con fascismo.
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