NATO: che succede se il problema principale è Donald Trump?



di Alessio Ramaccioni - Contropiano

L’undici e il dodici luglio si terrà a Bruxelles il summit della NATO, che forse mai come questa volta potrebbe riservare sorprese: ma ormai è quasi normale, da quando Donald Trump è il presidente degli Stati Uniti.


Dopo aver smontato il G7 nemmeno un mese fa (da tenere sempre a mente gli attacchi al premier canadese Trudeau e alla cancelliera tedesca Merkel), il vulcanico capo di stato nordamericano ha applicato tutte le sue capacità comunicative per rendere il più sereno possibile l’approccio al summit di Bruxelles (sono ironico, ndr).


In una lettera inviata agli alleati a fine giugno, il cui contenuto è stato reso noto qualche giorno dopo dal New York Times, Trump ha ricordato bruscamente a tutti la necessità di adempiere in modo più concreto agli impegni in tema di difesa comune.


Alle missive si sono aggiunte, ovviamente, le dichiarazioni e i tweet, che sono lo strumento principale con cui l’ospite della Casa Bianca porta avanti la sua politica e quella che appare una sorta di “campagna elettorale permanente post elezioni”, molto simile a quella che stiamo vedendo (e subendo) qui in Italia da Matteo Salvini.


Cosa chiede Trump agli alleati del Patto Atlantico? Di spendere più soldi, e di raggiungere quanto meno la soglia del 2% del PIL in tema di finanziamento alla difesa.


Una soglia definita nel corso del summit del 2014 in Galles, e che al momento non è stata raggiunta da 24 su 29 membri dell’alleanza.


Chi sono i “virtuosi” (sempre ironico, ndr)?


Stati Uniti (3,61% del Pil in armamenti); Grecia (ebbene si! Con il 2,36%); Estonia (2,18%); Regno Unito (2,17%); Polonia (2,01%).


Da notare che, esclusi gli Stati Uniti, il paese che spende di più è la Grecia, che è esattamente lo Stato che ha visto spazzare via il proprio welfare dall’austerity dell’UE. Un paese, ricordiamolo sempre, che vede al governo quello che è stato l’idolo di una parte della sinistra italiana, Tsipras.


Torniamo alla NATO: con i suoi modi informali, Trump, dati alla mano, ha dichiarato in poche parole di essersi stufato di pagare il conto della difesa di tutti: “Gli Stati Uniti sono i bastardi che pagano il conto per tutti, ma non può andare avanti così”, ha dichiarato durante un comizio in Montana, beccandosi la giusta dose di applausi. D’altronde si avvicinano le elezioni di medio termine (previste per novembre), che mai come questa volta saranno un plebiscito pro o contro Trump.


Difesa degli interessi degli Stati Uniti innanzitutto: così ha vinto, e così vuole e probabilmente deve proseguire per mantenere il controllo della politica USA anche dopo il giro di boa di metà mandato.


“America First” significa anche smantellare qualsiasi forma di multilateralismo che limiti le possibilità degli Stati Uniti e sopratutto l’ormai evidentissima volontà di scegliere unilateralmente senza tenere in considerazione niente altro che i propri interessi.


Quindi la NATO diventa una “istituzione obsoleta”, il G7 una riunione piena di avversari parassitari, gli accordi sull’ambiente un inutile orpello che limita le potenzialità industriali del paese, l’UE un avversario commerciale da limitare e combattere, come la Cina e ovviamente la Russia.


Non c’è bisogno di spiegare come questo approccio a livello globale non possa che, presto o tardi, innescare conflitti e scontri frontali.


Ma ormai siamo totalmente immersi in questa fase: uomini forti, metodi spicci, pochi e semplici slogan, e occhi ben puntati sul proprio orticello, a qualsiasi livello.


Certo, il ruolo di Trump è quello di estremizzare i concetti, per rendere forse più semplice il lavoro di chi poi deve intervenire realmente nei processi e definire i rapporti a livello globale: per ogni sua intemperanza lessicale c’è sempre una dichiarazione da parte di funzionari di livello dell’amministrazione USA volta a distendere gli animi.


E’ arrivata anche in questo caso, stavolta da parte della rappresentante permanente degli Stati Uniti alla Nato Bailey Hutchison, che ha parlato di “consolidare l’alleanza”, pur ribadendo la necessità di ridefinire le quote di contribuzione.


La stessa Bailey Hutchison si è recentemente espressa sulla Russia, accusandola di stare provando a far scivolare (to flip il verbo usato) la Turchia fuori dalla NATO.


Dichiarazione cronologicamente perfetta, visto che il 16 luglio ad Helsinki Donald Trump incontrerà – finalmente – Vladimir Putin. Immaginiamo una sorta di nuvoletta di Fantozzi con sopra scritto RUSSIAGATE che sosterà sopra le teste dei due leader durante tutto il meeting (ma a Putin del Russiagate importa ben poco, crediamo).


Insomma, segnare queste date: 11 luglio vertice NATO, 12 luglio vertice dei Ministri dell’Interno dell’UE ad Innsbruck, il 16 luglio vertice Trump-Putin ad Helsinki.


Alla fine di questa settimana, qualcosa potrebbe iniziare a cambiare rispetto al mondo che conosciamo. Esagerazione? Staremo a vedere.

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