La Spagna chiude i porti all’Aquarius. Il sistema dell’accoglienza di Madrid è al collasso



di Omar Minniti

La favola della Spagna solidale con i migranti è durata solo poche settimane. Meno di due mesi. Dopo l’apertura dei porti decretata il 17 giugno dal premier del Psoe Pedro Sanchez, sono bastati alcuni sbarchi e la forzatura della barriera di Ceuta e Melilla (con conseguenti scontri, repressione e respingimenti immediati da parte della polizia spagnola) a far collassare il sistema dell’accoglienza.


I centri in cui vengono fatti affluire i migranti sono sovraffollati e in condizioni inumane, tanto che molti degli ultimi arrivati sono costretti a dormire all'aperto nei porti e nei cortili di edifici pubblici. Le pratiche di identificazione procedono con estremo rilento e sono innumerevoli gli aspiranti rifugiati che vagano senza meta nelle città costiere, senza aver ricevuto alcuna assistenza ed i minimi controlli. Una falla che mette a rischio non solo la sicurezza spagnola, alla luce degli ennesimi allarmi che arrivano dalla Tunisia, dove noti terroristi jihadisti sono stati bloccati prima di salire sui barconi diretti in Europa. I sondaggi circolati nei giorni scorsi sono inequivocabili: punte fino all’84% degli intervistati esprimono un giudizio negativo sulla politica dei confini aperti.


Madrid alza bandiera bianca, chiede soccorso ad altri paesi Ue e sbatte nuovamente le porte in faccia agli equipaggi delle Ong. A farne le spese è anche l’Aquarius. La nave fatta approdare in pompa magna a Valencia nel mese di giugno, ora si vede negare l’autorizzazione. Il governo spagnolo manda a dire che i suoi porti non sono più mete sicure. Ed è subito doccia gelata per le sinistre migrantiste italiane, per i Vauro ed i Saviano di turno che fino a pochi giorni fa si sentivano tutti cittadini della monarchia dei Borbone.


Non è l’unico grattacapo per l’equipaggio di SOS Méditerranée: dal 20 agosto non potrà più navigare sotto il vessillo di Gibilterra. Il protettorato inglese afferma che l’Aquarius ha violato le sue leggi, in quanto l'imbarcazione si era registrata formalmente come barca di ricerche e non come nave di salvataggio. Dovrà tornare sotto la sovranità tedesca, sempre che qualcuno a Berlino non s’impunti.


L’incapacità di gestire l’emergenza migranti da parte dell’esecutivo socialista spagnolo, che vanta ministri Lgbtq e femministe ed in parlamento regge grazie all'appoggio esterno di Podemos, dimostra ancora una volta l’incapacità del campo progressista europeo di andare oltre gli slogan caritatevoli. Un conto è dare lezioni di antirazzismo e solidarietà quando i porti sono quelli altrui. Ben diverso è affrontare in maniera efficace il nodo quando si verifica a casa propria. La sinistra spagnola (e quella italiana che la indicava come modello) saprà fare tesoro di questa esperienza fallimentare e ridiscutere in maniera autocritica la linea sull'immigrazione? Chissà se il salutare dibattito aperto in Germania dalla nascita di “Aufstehen”, il movimento di Sahra Wagenknecht ed Oskar Lafontaine collocato su posizioni sovraniste e critiche verso le politiche dell’accoglienza illimitata, condizionerà in qualche modo anche la discussione all’interno di Podemos ed Izquierda Unida.

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