Jimmy Carter: In Siria, l'occidente deve riaprire le sue ambasciate e abolire le sanzioni


In un articolo pubblicato alcuni giorni fa sul quotidiano statunitense, 'The New York Times', l'ex Presidente degli USA, Jimmy Carter ha sostenuto che dopo l'incontro a Helsinki tra Trump e Putin, l'attuale inquilino della casa Bianca si è detto disposto ad accettare che il leader siriano Assad resti al potere.

Per Carter è un passo avanti, ma non basta per mettere fine alla violenza in Siria. "A partire dal 2011, i poteri occidentali e mediorientali si sono radunati attorno allo slogan 'Assad se ne deve andare'. Questa singolare attenzione al destino del presidente siriano ha rafforzato le sue posizioni su tutti i fronti e ha reso molto più difficile esplorare altre opzioni" ha spiegato Carter, aggiungendo che "le richieste di cambiamento di regime sono diminuite da allora, ma ci sono ancora alcune voci negli ambienti politici occidentali che richiedono una piena transizione di potere dal governo di Assad. Un approccio migliore a questo punto sarebbe quello di testare la capacità del governo siriano di intraprendere un nuovo corso che abbia il potenziale per mettere fine alla guerra."

L'ex inquilino della Casa Bianca giunge, quindi, al punto cruciale della questione: "I paesi occidentali, compresi gli Stati Uniti, dovrebbero impegnarsi nuovamente in modo graduale con il governo siriano. Possono iniziare riaprendo le loro ambasciate in Siria, dal momento che l'assenza di diplomatici occidentali a Damasco ha portato a opportunità mancate. L'Occidente dovrebbe anche abbandonare l'obiettivo del cambio di regime e moderare le aspettative di transizione democratica in Siria nel breve-medio termine. Invece, l'attenzione dovrebbe essere posta sulla costruzione paziente della democrazia".

Carter evidenzia un altro punto delicato, quello dello sviluppo e ricostruzione della Siria ostacolato dalle sanzioni occidentali. Quindi, in cambio delle riforme da parte del governo siriano, "l'Occidente dovrebbe essere pronto a contribuire alla ricostruzione della Siria, forse in modo selettivo, per settore. L'assistenza umanitaria da sola rimarrà un pozzo senza fondo finché i siriani non saranno in grado di far rivivere l'economia del paese e creare posti di lavoro, in particolare per i giovani." Precisando, tra l'altro, che "l'economia della Siria non può essere rianimata mentre il paese rimane sotto sanzioni che colpiscono i cittadini comuni. L'abolizione delle sanzioni sarà fondamentale per risolvere le enormi sfide della ricostruzione, della disoccupazione e del risveglio economico. Altrimenti, una generazione di bambini siriani che diventerà maggiorenne nei prossimi anni e i giovani saranno preda di reclutatori estremisti e ribelli che potrebbero riprendere la guerra nel prossimo decennio."

L'ex Presidente USA ha elogiato i primi passi dei dialogo tra curdi e Damasco, definendoli "uno sviluppo costruttivo" che dovrebbero essere attuati in altre parti della Siria come a Idlib.

Infine Carter, pur ritenendo importante assegnare le responsabilità della guerra in Siria, ora è il momento di raggiungere la pace, perché "anche una pace imperfetta o brutta, è migliore della violenza in corso."

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