Niente pace per il Donbass



di Fabrizio Poggi

A dispetto dell'apparente “calma”, rafforzata dall'assoluto silenzio della stragrande maggioranza dei media occidentali, continuano i bombardamenti ucraini sulle città e i villaggi del Donbass. Pur se nelle ultime settimane non si sono registrate vittime tra i civili (ma, al fronte, miliziani e anche personale sanitario continuano a cadere sotto il piombo dei cecchini di Kiev) le artiglierie ucraine colpiscono però abitazioni civili, linee elettriche e impianti del gas, con il chiaro obiettivo di terrorizzare la popolazione. La periferia di Donetsk rimane ancora bersaglio “privilegiato” delle truppe golpiste: negli ultimi giorni a esser preso di mira è stato soprattutto il quartiere di Staromikhajlovka, a occidente della capitale della DNR; ma si è sparato anche in direzione del “Volvo tsentr”, del villaggio minerario di Trudovskaja, di Spartak e Krutaja Valka, nel quadrante nordoccidentale di Donetsk. Nel settore meridionale del fronte, i mortai si sono concentrati su Sakhanka, Kominternovo e Leninskoe. Lungo la direttrice di Gorlovka, bersagliati Zajtsevo, Golmovskij, Shirokaja Valka e il villaggio minerario di Gagarin. A sud di Donetsk, l'OSCE ha rilevato l'arrivo di almeno 20 batterie ucraine di sistemi razzo.


Quello che l'OSCE non ha rilevato, sono i continui arrivi di istruttori stranieri a ridosso della linea del fronte – l'ultimo contingente, nell'area di Schaste, una ventina di km a nord di Lugansk; secondo le milizie della LNR, loro obiettivo è l'addestramento di reparti di sabotatori ucraini, per azioni dietro le linee delle milizie. Nei giorni scorsi, il senatore russo Frants Klintsevic aveva ipotizzato che le manovre “Clear Sky 2018”, tuttora in corso in Ucraina, con l'impiego anche di caccia USA F-15C “Eagle”, possano prefigurare l'utilizzo dell’aviazione contro il Donbass, di cui ha d’altronde apertamente parlato il generale ucraino Sergej Naev. Proprio ieri, il presidente golpista Petro Poroshenko, presenziando alle manovre insieme agli alti ufficiali della NATO, ha dato ordine ai reparti ucraini di colpire il Donbass “con ogni tipo di armamento”. Nei giorni precedenti, l'ordine di Poroshenko era stato preceduto dalle “europeiste” dichiarazioni della ex vice Governatore della regione di Odessa, Zoja Kazanzhi, secondo la quale gli abitanti di Donetsk e di Lugansk avrebbero dovuto a suo tempo esser bruciati vivi come gli odessini alla Casa dei sindacati il 2 maggio 2014.


E' in questa situazione che il rappresentante USA per l'Ucraina, Kurt Volker ha esplicitato la contrarietà di Washington al referendum sullo status del Donbass. Allo stesso tempo, Volker insiste per l'introduzione di un forte contingente ONU direttamente nelle regioni di Donetsk e di Lugansk e non, come proposto da Mosca e dalle Repubbliche popolari, lungo la linea di separazione tra milizie e forze ucraine, a difesa degli osservatori OSCE. Netto il giudizio del senatore Aleksej Pushkov: “Gli Usa intendono trasformare il Donbass in un nuovo Kosovo, in cui il caschi blu hanno svolto il ruolo di forze di occupazione”. Anche da parte francese, si chiede a Mosca di far pressione su DNR e LNR affinché annullino le elezioni generali programmate per l'11 novembre, dato che, secondo Parigi, le consultazioni debbono tenersi “secondo la giurisdizione ucraina”.


Come stupirsi, dunque, che il leader della DNR, Denis Pushilin dichiari che, soprattutto dopo l'assassinio di Aleksandr Zakharcenko, il cessate il fuoco con l'Ucraina si allontana di decine d'anni. Dopo l'attentato dello scorso agosto, ha detto Pushilin, le chances delle forze pro-ucraine di inserirsi nel processo politico delle Repubbliche popolari “sono praticamente uguali a zero, o vi si avvicinano molto”.


Gli ha fatto eco il leader sindacale della LNR, Andrej Kocetov che, commentando la summenzionata blasfemia di Zoja Kazanzhi, ha dichiarato che il Donbass ha fatto a suo tempo la propria scelta non con l'obiettivo di affossare l'Ucraina, ma perché non può vivere nello stesso paese in cui dominano i nazisti. Prima ancora della Kazanzhi, il bloger nazista Svjatoslav Stepkin aveva auspicato di “spargere napalm” sul Donbass. Non dimentichiamo, ha detto Kocetov, le reazioni di giubilo dei nazionalisti ucraini al falò nazista di persone disarmate, a Odessa: da quali norme morali sono guidati costoro? Come possono giustificare gli assassini? Come possiamo vivere nello stesso stato con questi vampiri? Il Donbass, ha dichiarato Andrej Kocetov, amava l'Ucraina non meno di quanto la amassero i cittadini di altre regioni. Ma non vogliamo respirare la stessa aria che respirano loro, i nazisti.


Se questa è la cornice “esterna” che circonda il Donbass, all'interno, soprattutto nella DNR, la leadership succeduta all'assassinio di Zakharcenko sta ancora mettendo a segno dei colpi, contro personaggi in vista della Repubblica che, a giudicare dalle notizie, non sembravano del tutto “puliti”. E' stato ad esempio arrestato il Direttore generale della Sanità con l'accusa di aver intascato mazzette da aziende private per le forniture alimentari negli ospedali. Più gravi i dubbi nei confronti del Ministro delle telecomunicazioni della DNR, Viktor Jatsenko, di cui si era cominciato a sospettare da tempo, in relazione a conversazioni agli alti livelli della Repubblica che sarebbero state intercettate dai servizi segreti ucraini, anche se trasmesse tramite la rete mobile della DNR “Feniks”.


E, per il momento, fluttua tra le onde della “informazione” gialla, la voce messa in giro da Novaja Gazeta (la stessa cui attinge Repubblica per i fantomatici “lager ceceni per omosessuali”) secondo cui a fine settembre varie famiglie criminali (di Russia, Ucraina e delle stesse DNR e LNR) si sarebbero date appuntamento a Rostov sul Don per mettere a punto la nuova suddivisione in zone d'influenza nella DNR. L'occasione sarebbe stata data dai “nuovi raggruppamenti affaristici” che si starebbero avvicendando nella Repubblica dopo l'assassinio di Aleksandr Zakharcenko e, soprattutto, da alcune privatizzazioni attualmente in corso nella DNR.



La situazione è in movimento. L'esatta direzione è però da stabilire: l'Occidente è ancora assetato di conflitto; le Repubbliche popolari, come la Didone virgiliana, “tempo solo” chiedono, “pausa e pace al furore”.

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