Vladimiro Giacché:"I gilet gialli sono il sintomo del malcontento europeo. Governo M5s-Lega? Pone un problema reale su Ue”



di Gisella Ruccia - Fatto Quotidiano

La protesta dei gilet gialli in Francia? E’ il sintomo di un malcontento più esteso a livello europeo. E’ evidente che c’è un diffuso disagio in Europa, anche in Paesi come la Germania, che si dice siano in grande sviluppo. La verità è che in questi anni di ricchezza se n’è creata poca e se n’è distribuita peggio. E questo riguarda tutto i Paesi europei”. Sono le parole pronunciate ai microfoni de “L’Italia s’è desta” (Radio Cusano Campus) da Vladimiro Giacchè, presidente del Centro Europa Ricerche.

L’economista spiega: “Riguardo all’Italia, credo che nella sostanza, al di là di certi toni che sono sicuramente eccessivi, questo governo ponga un problema reale: quale libertà di politica economica ha oggi un Paese dell’Eurozona come l’Italia?Questo è il vero punto. Dopo la crisi abbiamo vissuto diverse fasi: c’è stata una prima di galleggiamento, alle prese con problemi di varie banche, che noi abbiamo risolto, a differenza di altri Paesi europei, senza un salvataggio massiccio nel nostro sistema bancario, che altri invece hanno fatto. Poi abbiamo avuto la soluzione Monti che dal mio punto di vista è stata fallimentare” – continua – “perché con quelle misure depressive dell’economia ci ha lasciato con un 13% di rapporto deficit/Pil in più. Dopo abbiamo avuto altri anni in cui c’è stato un tentativo di negoziare con l’Europa sullo zero virgola. Attualmente c’è questo tentativo di riprendersi un pezzo di politica economica, facendo iniziative che rispondono agli stessi problemi che stanno nascendo in Francia, perché è evidente che almeno una parte della manovra tende a ridare una qualche speranza uno strato sociale molto vasto di persone che in questi anni non sono state bene“.


Giacchè puntualizza: “Oggi la struttura dei trattati europei, sicuramente da Maastricht in poi, è difficilmente compatibile con la nostra Costituzione, in quanto pone la lotta all’inflazione come priorità assoluta. Qui c’è una collisione, perché per mantenere la stabilità dei prezzi c’è bisogno di un elevato tasso di disoccupazione, tenendo anche bassi i salari. Per questo l’Europa auspica un tasso di disoccupazione al 10% in Italia. La nostra Costituzione invece afferma che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, cioè pone l’accento sul diritto al lavoro e a una remunerazione adeguata. Un nostro costituente, a prescindere dal partito di appartenenza, avrebbe trovato assolutamente inaccettabile quel tasso di disoccupazione.E noi” – prosegue – “dobbiamo seguire la Costituzione in primis, perché quella è la nostra legge fondamentale. E non vale il gioco che spesso si fa, cioè il dire che nell’art.11 c’è scritto che aderiamo ai trattati internazionali. Non è così, nel senso che noi non aderiamo a prescindere, ma se c’è una congruenza tra i valori e i diritti sostenuti in questi trattati e quelli previsti della nostra Costituzione”.

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