USA-Cina-Russia: sfide marine planetarie



di Fabrizio Poggi

Vario naviglio militare sta incrociando in questi giorni in diversi bacini di mari e oceani.


Seguendo il copione della messinscena ucraina del novembre scorso nello stretto di Kerch il cacciatorpediniere lanciamissili USA McCampbell” (DDG85; classe “Arleigh Burke”/II) ha solcato le acque attorno alle isole Paracel (X?sh? Qúnd?o, per la Cina) nel mar Cinese meridionale. Secondo la portavoce della Flotta del Pacifico, Rachel McMarr, l'unità sarebbe transitata 12 miglia al largo dell'arcipelago che, insieme alle Nánsh? Qúnd?o (Isole Spratly) e all’atollo Huanyang (Scarborough), è conteso tra Cina, Viet Nam, Brunej, Malesia e Filippine. McMarr ha ostentatamente aggiunto che, scopo della missione, è quello di “assicurare la libertà di navigazione” e "sfidare le eccessive pretese marittime": un chiaro riferimento alla Cina, secondo la quale le Paracel rientrano nella provincia di Hainan. Immediate, ovviamente, le proteste di Pechino, che ha inviato nell'area proprio naviglio e ha invitato la Casa Bianca ad astenersi da ulteriori provocazioni.


Non a caso, Washington incrementa da tempo i contatti e le forniture di armi al Viet Nam - che, da parte sua, rivendica la sovranità sull'arcipelago – e intensifica i movimenti della Flotta del Pacifico, che riunisce le flotte VII e III (cui può unirsi anche la V), coprendo quasi tutti i bacini degli oceani Pacifico e Indiano, dalla West Coast USA alle coste orientali dell’Artico ed è numericamente la più grande flotta statunitense: secondo il suo sito ufficiale, conta un centinaio di unità di superficie, oltre 20 navi appoggio e più di quaranta vascelli subacquei, oltre a centinaia di velivoli imbarcati.


Appena un mese fa, sempre il “McCampbell” era transitato in prossimità del Golfo di Pietro il Grande, nel settore nordoccidentale del mar del Giappone, con un'ampiezza di oltre 24 miglia marine, che Mosca considera come proprie acque territoriali, di fronte a città quali Vladivostok, Nakhodka, Bolšoj Kamen e Vosto?nyj. Anche in quell'occasione, McMarr aveva parlato di una sfida yankee alle “eccessive pretese marittime” russe nel mar del Giappone.


A fine ottobre, altri vascelli della Flotta USA del Pacifico, il cacciatorpediniere “Curtis Wilbur” e l'incrociatore lanciamissili “Antietam”, avevano attraversato lo stretto di Taiwan e ugualmente Pechino aveva accusato Washington di aver violato le acque territoriali cinesi. A maggio, il caccia “Higgings” e ancora l'incrociatore “Antietam” erano passati 12 miglia a largo delle Paracel: dato che Washington non riconosce la giurisdizione di Pechino sulle isole, non considera tali azioni una violazione dell'integrità territoriale cinese.


Alla vigilia del previsto summit Trump-Kim, la sfida lanciata dagli USA a Pechino somiglia molto a un avvertimento sulle intenzioni e sull'atteggiamento di Washington verso la Corea del Nord e, in generale, sull'intera area, come a ribadire, nei fatti, la “politica delle cannoniere”, nel quadro della guerra commerciale sino-statunitense. Non è certo casuale che, sempre il 7 gennaio, anche l'ambasciatore russo a Pyongyang, Alexandr Matsegora, sia stato ricevuto dalla vice Ministro degli esteri della RDPC, Choi Son-hee, con cui ha discusso le possibili soluzioni della questione nucleare nella penisola coreana.


Un'altra “sfida” della US Navy, più a occidente, è stata quella della nave da sbarco “Fort McHenry”, appartenente al 22° Gruppo di spedizione della VI Flotta, penetrata il 6 gennaio nel mar Nero attraverso i Dardanelli e approdata al porto rumeno di Costanza. Immediatamente, ha preso il largo il vascello da pattugliamento costiero russo “Pytlivyj” della Flotta del mar Nero, per tenere sotto controllo la nave USA. Alla vigilia, il rappresentante speciale nordamericano per l'Ucraina, Kurt Volker, aveva ribadito la volontà USA di rafforzare il proprio appoggio a Kiev e di intensificare le forniture di armamenti, anche letali. Dopo le raccomandazioni del Senato americano a Donald Trump, di accrescere la presenza USA nel mar Nero, anche Kiev ha più volte dichiarato di voler ripetere in quel bacino quanto tentato lo scorso novembre.


Il sito Infopolk.ru ricorda come il transito navale attraverso Bosforo e Dardanelli sia regolato dalla Convenzione di Montreux del 1936, secondo cui, in tempo di pace, vascelli da guerra degli stati rivieraschi del mar Nero hanno il diritto di attraversare lo stretto, informandone le autorità turche, mentre restrizioni molto rigide riguardano i paesi non rivieraschi, le cui unità possono rimanere in quel mare per un massimo di 21 giorni.


L'arrivo nel mar Nero della nave statunitense segue di pochissimo la conclusione delle esercitazioni dei reparti missilistici russi in Crimea - con l'uso soltanto elettronico, senza proiettili, dei complessi costieri “Bal” - e anticipa le manovre congiunte russo-iraniane nel mar Caspio, previste a breve scadenza e che sembrano ripetersi a cadenza biennale.


Sempre il 7 gennaio, un drone da ricognizione strategica RQ-4B-30 “Global Hawk” del US Air Force ha sorvolato le coste della Crimea. Partito, come di consueto, dalla base di Sigonella, si è dapprima diretto sopra la linea di demarcazione nel Donbass e nel pomeriggio ha compiuto voli di ricognizione lungo la costa russa del mar Nero, avvicinandosi ad appena 33 km all'area di Sebastopoli. Nelle stesse ore, riferisce RIA Novosti, al largo delle coste della Crimea è stato avvistato un pattugliatore antisommergibile della marina USA, P-8A “Poseidon”.


Un altro settore marino la cui questione è balzata nuovamente in primo piano – per ora, senza interventi navali - soprattutto dopo la conferenza stampa di Vladimir Putin di fine anno, è quella delle isole Kurily, che Tokyo e in particolare il primo ministro Shinzo Abe sembrano dare sempre più spesso come acquisite al Giappone. Lo scorso dicembre, Putin aveva sollevato ancora la questione del trattato di pace (mai concluso tra Mosca e Tokyo dopo la Seconda guerra mondiale) invitando il Giappone a non legarne la firma alla cosiddetta “restituzione dei territori settentrionali”. Ma Tokyo insiste nel rifiutare tale offerta e anzi vede già le Kurily meridionali come parte integrante del proprio territorio, come “compensazione” del trattato di pace, e parla di un quesito referendario da sottoporre agli abitanti delle isole, cittadini russi. Abitanti che, da parte loro, sono scesi ripetutamente in piazza negli ultimi tempi, temendo un accordo russo-giapponese sulle isole, in particolare, dopo vari accenni, quantomeno di non univoca interpretazione, fatti sia da Putin, sia dal Ministro degli esteri Sergej Lavrov.


Mosca, che mantiene nell'area delle quattro isole basi aeree e navali, teme, non senza fondamento, che una volta ceduti i territori al Giappone, la presenza militare USA si faccia permanente, anche con l'installazione di basi americane.


Il 2019 inizia nello stesso segno della fine del 2018: le sfide militari transoceaniche nella cornice degli interessi commerciali tra potenze in ascesa ed economie in crisi.

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