Brexit, punto e a capo



di Andrea Genovese - Contropiano

Londra. Ingoia ancora amaro, Theresa May. La Premier britannica ha subito una seconda umiliante sconfitta nel voto parlamentare di Martedì 12 Marzo: respinto al mittente il suo accordo negoziato con l’Unione Europea. Con 391 voti contrari e soltanto 242 a favore, la Camera dei Comuni ha nuovamente rifiutato la ratifica del trattato.


A nulla è servito il viaggio notturno a Strasburgo di Lunedì, durante il quale la May e Jean-Claude Juncker avevano firmato tre aggiunte all’accordo raggiunto a Novembre, volte a rassicurare i sostenitori di una Hard Brexit sulla tormentata questione del confine irlandese.


A soli 17 giorni dalla scadenza del 29 Marzo, la May non è riuscita a convincere l’ala dura del Partito Conservatore (capeggiata da Boris Johnson e raccolta attorno alla corrente dell’European Research Group). Anche il Partito Democratico Unionista dell’Ulster (il cui appoggio esterno è determinante per la tenuta del governo) non ha sostenuto l’accordo.


A caldo, il Primo Ministro ha espresso la sua delusione per la mancata approvazione del testo. A questo punto, la May dovrebbe concedere, Mercoledì, un nuovo voto parlamentare sulla possibilità di uscita dall’Unione Europea senza alcun accordo bilaterale. La May ha affermato di non voler vincolare i deputati conservatori ad alcuna disciplina di partito in occasione di tale consultazione. Qualora, come, l’eventualità di una “No Deal Brexit” dovesse essere respinta (su tale ipotesi dovrebbero convergere la maggioranza dei Tories e il Labour di Corbyn), dovrebbe quindi esservi un’altra votazione nella giornata di Giovedì, in merito alla richiesta di estensione dei tempi tecnici per la procedura di uscita (ai sensi dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona). Appare questo, al momento, lo scenario maggiormente probabile per quello che è divenuto un autentico rompicapo.


Theresa May ha tuttavia dichiarato: “Votare contro l’uscita unilaterale e per un’estensione non risolve i nostri problemi. L’Unione Europea vorrà conoscere il motivo di questa estensione; sapere quale uso vogliamo farne. Il Parlamento dovrà anzitutto rispondere a questa domanda”.


La May, presentando il suo piano come una sorta di “ultima spiaggia” per l’attuazione della Brexit, è riuscita a recuperare alla sua causa alcuni dei parlamentari conservatori che, nel precedente voto di Gennaio, si erano espressi contro l’accordo; in quella occasione, infatti, la leader conservatrice aveva riportato una sconfitta ancor più netta (finendo sotto di addirittura 230 voti).


Il segretario del Partito Laburista, Jeremy Corbyn, ha dichiarato che esistono ora le condizioni per una Brexit assai morbida: “Credo che vi sia una maggioranza che possa sostenere la proposta del Labour: uscita dall’UE, ma permanenza nell’Unione Doganale. Tocca al parlamento riprendere il controllo ed riuscire ove questo governo ha fallito così clamorosamente. Mi pare evidente, inoltre, che questo governo non disponga di alcun sostegno alla Camera dei Comuni; sarebbe giusto tornare alle urne”.


L’ex Ministro degli Esteri Boris Johnson si è limitato a dichiarare che il voto dovrebbe segnare la definitiva archiviazione del piano di Theresa May.

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