di Alberto Negri - Tiscali
Rivendicazioni non ne sono arrivate quindi siamo ancora nel campo delle ipotesi e delle probabilità, anche se il ministro degli Interni singalese conferma la matrice religiosa dei sei attentati a chiese e alberghi che hanno causato la morte di oltre 150 persone. A Oriente del Califfato c'è un nuovo terrorismo jihadista che colpisce anche dove i musulmani non sono minoranze apertamente represse. Cristiani e musulmani sono in Sri Lanka comunità minoritarie ma attive, che storicamente fanno da cerniera tra la maggioranza buddista e gli induisti che si sono combattuti in un sanguinoso e terribile conflitto per oltre trent’anni. Su 21 milioni di abitanti in Sri Lanka il 70% sono buddisti, il 12% induisti, il 10% musulmani e il 7% cattolici (circa 1,2 milioni).
Ma adesso qualche cosa è cambiato: lo Sri Lanka, per altro con forti contrasti politici interni, è diventato un Paese sempre più legato alla Cina che ha nella minoranza musulmana degli uiguri uno dei problemi più laceranti: nello Xinjiang la repressione della popolazione islamica di etnica turcofona ha raggiunto livelli molto alti, con campi di "rieducazione” e la progressiva sostituzione dei musulmani con i cinesi.
Ed è così che a Est dell’Isis, sconfitto in Siria ma con un’ideologia ancora viva e dirompente, si stanno costituendo organizzazioni radicali che puntano sul terrorismo e la destabilizzazione anche in un Paese apparentemente marginalecome lo Sri Lanka che la Cina ha aggiunto al suo “filo di perle”, la catena di insediamenti logistici, economici e
finanziari che sta stendendo lungo la nuova Via della Seta. Due terzi del debito dello Sri Lanka, secondo il Financial Times, è in mano a Pechino.
Anche l’inspiegabile però ha una spiegazione. I segnali di tensione tra la comunità maggioritaria buddista e quella musulmana da qualche tempo erano in crescita. Tutto è cominciato dopo la fine della guerra civile. Dal 1983
al 2009 l’isola, l’ex Ceylon diventato indipendente nel 1948 dopo 150 anni di dominio britannico, è stata insanguinata da una guerra civile: da una parte le forze del governo, espressione della maggioranza buddista singalese, dall’altra i guerriglieri induisti delle Tigri Tamil, un gruppo estremista, comunista e secessionista. In 30 anni ci sono stati centomila
morti.
Poi la violenza in Sri lanka è cambiata di segno. Ci sono stati attacchi da parte di estremisti della maggioranza buddista Sinhala a moschee e proprietà musulmane e nel marzo 2018 non è stato dichiarato lo stato di emergenza, con decine di arresti. E in questo nuovo campo di tensioni e odio religioso che possono essere nati gli ultimi spaventosi attentati. Ma per compierli non bastano singoli individui, ci vuole una rete, un’organizzazione: questo è l’aspetto più inquietante che oggi sconvolge un’isola dove la pace rimane una parola intermittente e difficile da pronunciare.
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