L'Arabia Saudita usa le armi cibernetiche israeliane contro gli oppositori


Il portale Bloomberg ha svelato in un rapporto pubblicato lunedì scorso la collaborazione di Al Saud con il regime israeliano per intimidire i dissidenti, definendo la relazione tra i due paesi "una pace fredda".

L'Arabia Saudita non riconosce ufficialmente Israele e non ha legami formali con questo regime, tuttavia, ci sono indicazioni che le due parti hanno segretamente collaborato per anni. Questa "fredda pace" è stata benefica per l'Occidente, e specialmente per gli Stati Uniti, ma ha anche avuto aspetti oscuri come la collaborazione per perforare le comunicazioni dei critici di Riyadh nel territorio saudita e all'estero, si legge su Bloomberg.

Il portale Usa prosegue menzionando il caso del blogger e giornalista palestinese Iyad Al-Baqdadi, che vive in esilio in Norvegia. Lo scorso maggio, le autorità norvegesi lo hanno informato di essere vittima di spionaggio dall'Arabia Saudita, che aveva usato un'arma cibernetica fabbricata in Israele per hackerare il suo telefono.

In un'intervista, Al-Baqdadi ha definito l'hacking saudita come una "violazione della privacy" e qualcosa di "traumatico", così come ha affermato di temere per la sua vita, in particolare per la storia nera di Riad nell'uccisione dei giornalisti dissidenti, come il caso di Jamal Khashoggi, assassinato al consolato saudita nella città turca di Istanbul, nell'ottobre 2018.

L'hacking telefonico saudita è abilitato dalla compagnia israeliana NSO Group, le cui armi cibernetiche sono state oggetto di una indagine nell'ultimo anno per essere state utilizzate per hackerare i telefoni cellulari di giornalisti e attivisti per i diritti umani. Il regime di Al Saud, conclude Bloomberg, ha una lunga storia di esecuzioni e uso di torture contro avversari. La rete britannica della BBC ha rivelato nel novembre 2018 che l'Arabia Saudita aveva creato un "battaglione della morte" per assassinare gli oppositori del principe ereditario Muhammad bin Salman.

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