Si può criticare questa foto o è "antisemitismo"?


di Lorenzo Ferrazzano


Mentre media e partiti politici fanno intendere che criticare la condizione di apartheid a cui lo Stato di Israele costringe i palestinesi è “antisemitismo”, in un sobborgo di Gerusalemme succede questo. Condivido questa foto pubblicata ieri da alcuni media palestinesi e ripresa da Michele Giorgio, firma de Il Manifesto. E mi chiedo cosa c'entri esattamente questa pratica criminale con l'antisemitismo. In che modo puntare il dito contro dei carnefici israeliani significa odiare gli ebrei.


Gli ebrei sono sempre stati un popolo antimilitarista. Nessuno di loro avrebbe sacrificato la propria comunità e le regole ebraiche per andare in guerra. Il sabato teoricamente un ebreo praticante non potrebbe neanche fumare una sigaretta, figurarsi brandire un fucile. Per questo motivo, ed anche un po' per non abbandonare affari e famiglia, gli ebrei hanno sempre ripudiato la guerra. La retorica nazionalista di Israele si basa invece sul militarismo. Se poi delle accuse a questo militarismo violento vengono identificate con antisemitismo questo è un problema degli stronzi o dei coglioni.


Per non cadere in equivoci frustranti, devo precisare che amo profondamente gli ebrei la cultura ebraica. A Varsavia e a Cracovia ho preso da quello che è rimasto degli ebrei tutto quello che potevo prendere. Tra gli scrittori che più mi hanno influenzato ci sono i fratelli Singer (che scrivevano in yiddish), Joseph Roth (ebreo galiziano), Elias Canetti (ebreo sefardita), Franz Kafka, Spinoza, ed è inutile continuare. Sto studiando i pogrom antiebraici scoppiati in Polonia e Ucraina tra Ottocento e Novecento e le origini del razzismo in Europa. L'Olocausto ci ha insegnato che mai più vorremmo rivedere un soldato che tiene in arresto un bambino. E se questo soldato è israeliano non cambia niente.

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