Di Jean De Mille
Credo che tutti noi che usiamo i social siamo chiamati, accostandoci a un tema sensibile come il coronavirus, a raddoppiare il nostro senso di responsabilità.
Questo non deve impedirci però di formulare delle riserve e dei giudizi negativi, laddove essi siano puntuali e mirati.
Così oggi, dopo aver valutato e soppesato le parole, ritengo opportuno evidenziare tre punti di assoluta criticità:
a) La mancata prevenzione.
Chi tornava dalle zone colpite andava messo in isolamento, privilegiando la tutela di un bene pubblico quale la salute rispetto alle esigenze economiche dei singoli e delle aziende, approntando le inevitabili misure di sostegno per i soggetti più deboli.
b) Il volontarismo.
I comuni di Codogno e Castiglione d'Adda sono sottoposti a un paradossale "invito" alla quarantena: senza obblighi né controllori, e senza che le autorità abbiano predisposto alcun piano di aiuto alla popolazione, a partire dalle esigenze quotidiane come provvedere ai prodotti alimentari o farmaceutici.
c) L'assenza di un piano sanitario d'emergenza.
Se le notizie che si rincorrono sui media sono esatte, i cittadini dei paesi ove si è verificato il contagio si trovano attualmente impossibilitati ad accedere al servizio di pronto soccorso, ed invitati in caso di bisogno a comporre il 112 dei carabinieri.
Credo che rilevare simili inadempienze e approssimazioni, ad un mese di distanza dall'emersione mediatica del virus, sia un fatto di particolare gravità.
E che esso sia emblematico: non tanto dell'inadeguatezza di chi dovrebbe compiere scelte politiche, quanto dell'impossibilità economica di sostenere qualsiasi strategia attiva.
Il liberismo, unito in modo indissolubile con le regole austeritarie su cui è costruita l'Unione Europea, determina un sistematico collasso dello Stato, e della sua conseguente capacità di promuovere e gestire il bene comune.
Questa emergenza sanitaria, purtroppo, non ne è che l'ulteriore conferma.
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