Coronavirus, i 5 ceppi bufalari spiegati bene


di Michele Merlo


Al pari del virus, si diffonde in rete un pacchetto di bufale più o meno complottiste che è il caso di analizzare, per archiviare inutili dibattiti e puntare al cuore del problema, ovvero la dicotomia tra teorie e pratiche liberiste e la nazionalizzazione dei settori strategici come opzione di trasformazione economica della società post corona virus.

Partiamo da quelli che “l’esercito USA ci sta invadendo”, “movimenti di militari nelle caserme, colpo di Stato!”. Anche qui si devono fare delle precisazioni, la prima “era già prevista una esercitazione militare, Defender Europe 2020”.

A mio avviso la solita dimostrazione di muscoli alla Russia, che va avanti dal 1946, in diverse intensità e forme, aumentata dopo la caduta del muro di Berlino, con l’annessione politica ed economica dei Balcani e dell’est Europa in generale.

Nulla di assolutamente condivisibile, ma la concomitanza tra la presenza di truppe americane e il corona virus, non può essere agitata come la prova di chissà quale intento malefico, per un semplice motivo: gli americani ci hanno occupati già 70 anni fa.

Gli spostamenti di truppe sono dovuti all’annullamento sostanziale di Defender Europe 2020. Molti militari americani erano già arrivati in Europa nelle settimane passate. L’annullamento delle esercitazioni ha provocato il rientro delle truppe, che ritornano alle proprie basi. L’esercito italiano ha annullato tutte le missioni non indispensabili, quindi ha fatto rientrare i militari e i mezzi nelle caserme.

E’ anche credibile che gli spostamenti possano essere intesi come riposizionamenti di truppe sulla base di possibili, ma teoriche minacce, ma questo non cambia la sostanza.

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C’è poi chi sostiene che siccome il virus presenta una letalità “bassa”, allora quello in atto è un modo di “sperimentare misure di controllo di massa della popolazione”, “diffondere vaccini che controlleranno le persone”, ecc…


Il fatto che il virus abbia in proporzione un basso tasso di mortalità non è un dato che va analizzato da solo, ma in relazione all’efficacia e alla distribuzione del sistema sanitario. Ogni anno in Italia si ammalano 6 milioni di persone di febbre. Con vari trattamenti sanitari a nostra disposizione, la stragrande maggioranza delle persone si cura in casa. Immaginate cosa accadrebbe se 600 mila di questi 6 milioni di malati dovessero essere curati negli ospedali e 60 mila sottoposti a terapia intensiva. Il sistema sanitario pubblico e privato collasserebbe. L’emergenza non è nella letalità del virus, ma nella sua capacità di contagiare.
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Il terzo blocco di teorie discutibili o, se preferite, bufale, quella dei farmaci miracolosi. Quelli che “hanno il farmaco, ma non vogliono dirlo” e quelli che “incapaci, avete la soluzione a portata di mano e non lo capite”. Non ci sono allo stato attuale cure certe disponibili. Si tratta di un virus che come gli altri, muta continuamente. Solo tra Lombardia e Veneto sono stati mappati diversi ceppi. La medicina russa, il vaccino tedesco, il farmaco anti artrite, ecc… potranno avere effetto su qualche caso, ma non siamo ancora ad un livello statistico accettabile. Ciò significa che l’unica profilassi possibile è quella di rimanere a casa ed evitare occasioni in cui potrebbe diffondersi il contagio.


Il quarto blocco è quello dei “tamponari”. Paradossi su paradossi. La sinistra extraparlamentare ne sta facendo una battaglia, l’illusione è che se si tracciano i contagiati, si potrà tornare liberi a circolare. Dall’altra parte il Presidente della Regione Veneto Zaia, ne fa lotta politica, “siccome Roma non capisce, facciamo come ci pare”. Vale la pena di precisare che in questo momento buona parte della sanità italiana sta lavorando in Veneto e Lombardia perché sono le regioni più colpite, i tamponi richiedono in primo luogo personale predisposto ad effettuarli. Se hanno chiamato 10 laureati e li hanno nominati medici, vuol dire che non c’è nemmeno il minimo personale per effettuarli, altro che test di massa.
E’ palese che in questo momento, un po' tutti gli stati stiano cercando di diluire la diffusione del virus per potenziare i sistemi sanitari, paradossalmente è l’unica soluzione praticabile.


Poi ci sono i “mascherati”, quelli che “nessuno ci da le mascherine”. Considerando una stima approssimativa di 40 milioni di mascherine al giorno, solo in Italia, dovremmo avere la disponibilità di 1,2 miliardi di mascherine al mese. Nessuno in questo momento è in grado di produrre questi quantitativi, moltiplicati per tutti gli ordini che arrivano da ogni paese del mondo. Di conseguenza, quelle disponibili vengono distribuite a chi ne ha bisogno impellente, gli ospedali e chi svolge lavori a contatto con il pubblico. Il chè è già di per sé complicato. La produzione massiva di dispositivi sanitari richiederà una conversione industriale, ci vorrà tempo.
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L’ultima categoria è quella dei “decretari”. Il governo ha pubblicato un nuovo decreto con una manovra di 25 miliardi che vuole far fronte alle esigenze immediate della popolazione e delle imprese. Si poteva fare meglio e più in fretta? NO. Che in una situazione di emergenza il decreto Conte abbia cercato di tutelare, con i fondi a disposizione, tutte le categorie lavorative, impedendo i licenziamenti e erogando liquidità nel sistema reale è innegabile, ma come sempre c’è chi non la pensa così. Qui regna sovrana la bufala della disparità di stanziamenti. “La Germania 550 miliardi, la Spagna 200, noi25”.

Vale la pena di soffermarsi su questo, perché mentre Germania, Spagna, Francia non solo non hanno ancora attivato un sistema emergenziale per fare fronte al virus, noi siamo già avanti. Le cifre indicate dagli altri paesi europei, riguardano le cifre attivate, anche tramite strumenti finanziari e di debito, ma ancora non operative, l’Italia da questo punto di vista ha attivato 350 miliardi.
Va fatta in conclusione una considerazione generale: la crisi del Covid 19 è mondiale, praticamente tutti gli stati stanno adottando misure restrittive per la propria economia.

Ciò vuol dire che, quando tutto sarà finito, l’economia sarà sostanzialmente allineata sulle stesse problematiche che stanno affrontando le imprese italiane. Non si tratta di un caso Grecia, poiché ad essere colpiti sono tutti. A meno di non voler ipotizzare che solo l’Italia pagherà le conseguenze di questa crisi globale, ma ciò è obiettivamente irrealistico.

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