Hong Kong, al Senato italiano tornano i nostalgici della cultura coloniale

È diritto di ogni paese difendere la propria sicurezza nazionale ed i propri confini, condannando qualsiasi atto di secessione, sovversione, terrorismo ed ingerenza straniera? Qualsiasi studente alle prime armi, di fronte a queste domanda, saprebbe che la risposta è affermativa. Non difendendo il proprio paese da atti di vero e propria eversione e terrorismo, ci si condanna alla disfatta e ad essere soggiogati dalle forze straniere.

È una dura lezione della Storia che il popolo cinese conosce bene, dopo la terribile esperienza del “secolo delle umiliazioni” che portò un’antichissima e fiorente civiltà a sprofondare in una condizione di terribile indigenza con le potenze coloniali che si spartivano i suoi territori. La vicenda di Hong Kong è proprio figlia di quella storia e dei “trattati ineguali” a cui l’Impero Qing fu costretto a soggiogare sotto il peso delle cannoniere inglesi e delle potenze imperialiste dell’epoca.

Anche questa è una pagina di storia nota, persino allo studente alle prime armi.

Eppure non mancano i pessimi scolari, come i senatori italiani guidati da Adolfo Urso che hanno presentato in Senato una mozione sulla vicenda di Hong Kong che invita il governo italiano “a sostenere le aspirazioni democratiche del popolo di Hong Kong”. Addirittura hanno anche il coraggio di auto definirsi sovranisti, ma sono pessimi scolari, che perpetuano nella politica del “doppio standard”, forma moderna di prosecuzione della cultura neocolonialista, che affida ad un manipolo di nazioni elette principi che ad altri paesi vengono invece negati. Viene però il dubbio che la lezione della storia l’abbiano capita fin troppo bene e che vorrebbero davvero spingere il governo italiano ad un atto di ingerenza negli affari interni di un paese sovrano, per appoggiare atti secessionisti alimentati da un movimento che non solo non ha nascosto la sua carica di violenza contro coloro che non appoggiano le loro istanze, ma ha apertamente richiesto l’intervento esterno e delle ex potenze coloniali. E questo sarebbe un fatto gravissimo per le relazioni con il popolo cinese e per quelle con il popolo italiano, che si ritrova nelle istituzioni supporter della cultura coloniale e nostalgici dell’epoca delle cannoniere.

Francesco Maringiò

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