Oliver Stone a Roma. "Italiani alzate la voce contro le basi militari Usa nel vostro paese"


Faro di Roma - Adnkronos


“Paesi come Cuba e il Venezuela avrebbero bisogno di essere sostenuti, specie ora nella lotta al Covid 19, e invece gli Stati Uniti ostacolano questa lotta con le sanzioni, una politica che deve essere superata”. Lo ha detto Oliver Stone, il regista statunitense premiato più volte con l’Oscar, incontrando i giornalisti a Roma in occasione dell’inaugurazione del TimVision Floating Theatre, il cinema galleggiante che apre questa sera al laghetto dell’Eur e che potrà ospitare 150 spettatori distanziati per una forma di resistenza cinematografica in un momento in cui la settima arte ricerca un difficile ritorno a quella normalità spezzata dalla pandemia.

A chi gli chiede un giudizio sulla situazione attuale degli Usa risponde: “Questa è una storia lunga e ci vorrà un altro libro, che andrà dal 1987 ai giorni nostri e che inizierà con la presidenza Reagan e con Wall Street che diventerà la cosa più importante. Con il denaro che domina la politica, l’intrattenimento, tutta la vita del Paese”.

Sulle prossime elezioni presidenziali, Stone però aggiunge: “Francamente non credo che Trump vincerà ma il problema non è questo. Il problema è che sia democratici che repubblicani sono orientati alla spesa militare. I soldi non vengono impegnati per infrastrutture o per trovare le cure ai virus ma per preparare o affrontare guerre. Quindi non c’è differenza, perché nessuno dei due partiti mette in discussione la spesa militare. Non esiste un partito della pace. E pure voi italiani dovreste far sentire la vostra voce su questo, perché in Italia mi pare ci siano il più alto numero di basi militari Usa, dopo la Germania”, scandisce.

Il regista presenterà a Roma (ma anche in altre città, da Pesaro a Venezia, dove riceverà anche il Premio Kinéo) la sua autobiografia, “Cercando la luce”, che esce venerdì in Italia, edita da La Nave di Teseo, e introdurrà la proiezione di ‘Wall Street’, il suo film del 1987, che segna anche il confine temporale dell’autobiografia, “dove – ha spiegato – racconto i primi 40 anni della mia vita. È un libro che parla del mio sogno che è stato realizzato ma ad un costo elevatissimo: tanto lavoro, tanto sudore, tanto sangue, tanto fallimento, tanti passi indietro, tanta sofferenza. Racconta la storia di un ragazzo che parte da New York e dalla devastante esperienza fatta in Vietnam, che successivamente lo porta a guardare con occhi diversi il tuo paese. Quando ho cominciato invece a scrivere questo libro mi sono reso contro che c’era un ritmo naturale che fluiva intorno al mio sogno e che si fermava ai 40 anni”.

Un orizzonte temporale che coincide con la sua prima produzione hollywoodiana, visto che ‘Wall Street’ fu prodotto da 20th Century Fox. E proprio sul tema del finanziamento del cinema, il regista si sofferma a lungo: “Ho potuto girare ‘Platoon’ subito dopo ‘Salvador’ perché un signore inglese, John Daly, ha creduto in me e mi ha finanziato. Questo mi ha consentito di trovare la mia collocazione, il mio posto a Hollywood. Poi una volta che sei affermato sta a te dimostrare chi sei e cosa sei capace di fare. Perché magari molti di voi pensano che il regista e l’autore abbiamo il controllo della situazione ma non è così. In realtà il controllo della situazione ce l’hanno i soldi, quindi se non sei un regista consolidato con una visione consolidata, non è facile essere libero, essere padrone della situazione. E devo dire che in Salvador e in Platoon io ho potuto esprimere la mia visione e sono questi due film che mi hanno reso un regista”.

Sul tema dell’ingerenza governativa sul cinema, Stone aggiunge: “Pensate a Snowden, che è stato finanziato dalla Francia e della Germania e soltanto un pochino, verso la fine, dagli Usa nonostante parli di un cittadino americano. Una cosa veramente deprimente. Anche ‘Platoon’ era stato ostacolato, combattuto, rifiutato. L’unica collaborazione vera c’è stata con ‘Jfk’ che la Warner ha finanziato, o con ‘Nixon’ che è stato finanziato da una società indipendente. Ma fondamentalmente c’è una vera e propria ingerenza del governo americano nella realizzazione dei film”, rimarca.
“C’è un libro – segnala il regista – che si intitola ‘National Security Cinema’ del 2017 e che dà tutta una serie di dettagli della presenza del governo americano nel cinema, nei programmi tv: parla della Cia, del Dipartimento della Difesa, parla della ingerenza in almeno 850 film e in 1500 show tv, spiegando che in realtà il controllo è nelle loro mani”.

“Non sei tu che controlli – prosegue Stone – ma loro, soprattutto quando si tratta di girare scene con aerei o con navi, non c’è collaborazione del governo, soprattutto se hai intenzione di fare un bel film. Loro vanno a leggere le sceneggiature, suggeriscono delle modifiche, dei cambiamenti. Anche con ‘Platoon’, il Dipartimento della Difesa lo aveva rifiutato dicendo che non esisteva il fuoco amico, che non esisteva in Vietnam l’uccisione di donne e bambini, di civili. Hanno detto ripetutamente una marea di bugie sul Vietnam, una cosa estremamente deprimente. E dopo il 2001 è praticamente impossibile criticare la politica estera americana senza subirne delle conseguenze”, conclude il regista.

Fonte: Adnkronos

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