Bielorussia, scherzo telefonico a Sassoli. Pensa di parlare con la Tikhanovskaja e svela che cos'è veramente il Parlamento europeo



di Fabrizio Poggi

Nuova performance del duo “Leksus & Vovan”, i pranker russi Aleksej Stoljarov e Vladimir Kuznetsov, già in passato autori di scherzi telefonici ai danni dell'ex presidente golpista ucraino Porošenko e dell'allora premier Grojsman, di vari congressisti USA, di Lukašenko, Erdogan, del segretario NATO Stoltenberg o dell'ex speaker nazista della Rada ucraina Andrej Parubij. Questa volta la “vittima” è David Sassoli, presidente del Parlamento europeo, mentre i falsi interlocutori impersonano la “Guaidò” bielorussa Svetlana Tikhanovskaja e il presidente lituano Gitanas Nauseda.


Tra le altre cose, Leksus e Vovan chiedono https://youtu.be/iUsVjyJ5dIE se l'Europarlamento non abbia per caso intenzione di introdurre sanzioni contro la Bielorussia e quali. Il pranker che impersona il presidente lituano informa Sassoli di suoi presunti contatti diretti col premier bielorusso Roman Golov?enko e gli assicura che all'interno del governo bielorusso starebbe maturando un complotto contro Aleksandr Lukašenko: i congiurati si appresterebbero a “rovesciare il tiranno” e portare al potere la Tikhanovskaja. Una notizia, questa, giudicata da Sassoli “molto interessante”.


Forse emozionato per “l'onore” di esser stato chiamato dalla “legittima presidente” bielorussa e dal suo padrone di casa lituano; forse trepidante per esser stato messo a parte di una così preziosa “informazione” sui complotti interni bielorussi, Sassoli, a parte i professionalismi del “adesso mi informo”, o “mi lasci riflettere”, oppure “devo consultarmi con”, non sembra saper fare altro che chiedere ai falsi Gitanas e Tikhanovskaja “quale sia la cosa più utile che può fare il Parlamento europeo”, e alla fine invita i due all'assemblea plenaria di inizio ottobre a Bruxelles, per “una conferenza stampa” e per “rilanciare il vostro messaggio”.

Eppure non sembrava così indeciso, l'italico europresidente, un anno fa, allorché, insieme a quasi tutti gli eurodeputati del PD, compatti a fianco di quelli di Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega, aveva votato l'infame risoluzione del 19 settembre 2019. Certo, qualche giorno dopo, forse spaventato dalle critiche, aveva fatto un quarto di passo indietro e aveva dichiarato a “Patria indipendente”, che “Affiancare nazismo e comunismo è una operazione intellettualmente confusa e politicamente scorretta”; ma si era subito ripreso e, da buon liberale”, si era erto a difesa dello “spirito” dello sproloquio del 19 settembre: “non vogliamo che tornino Paesi in cui le libertà fondamentali siano compromesse, ricordiamoci che quarant'anni fa, a Praga, che è casa nostra, arrivavano i carri armati". E ancora: “Ci sono stati nella storia del Novecento dei fenomeni che non hanno consentito a tante persone di godere delle libertà”.

Ad esempio, anche a Julian Assange?

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