USA, team legale di Trump chiede: quante persone hanno votato per posta e poi si sono presentate alle urne?

A giorni dalle elezioni negli Stati Uniti continua a regnare l’incertezza. Il presidente uscente Trump promette battaglia. Pronti ricorsi legali. Il tycoon ha assicurato che andrà sino alla Corte Suprema USA per far valere le proprie ragioni. Il candidato repubblicano punta il dito soprattutto sul voto postale, secondo Trump tramite questa modalità di voto ritenuta poco chiara e sicura sono stati compiuti brogli per permettere a Joe Biden, candidato del Partito Democratico, di conquistare la presidenza degli USA.

Tramite Twitter, Paul Sperry, indica uno dei punti su cui batte il team legale di Donald Trump: quante persone che hanno chiesto di esprimere il proprio voto per via postale si sono poi presentate alle urne anche il giorno delle elezioni e hanno votato a Philadelphia, Milwaukee, Detroit, Atlanta e Vegas?

Questa modalità di voto è stata fortemente incoraggiata dai Democratici per evitare assembramenti presso i seggi elettorali nel giorno delle elezioni. Mentre è stato osteggiato dai Repubblicani per paura che potesse sfavorirli nella corsa alla Casa Bianca, come sembra sia effettivamente accaduto.

Dobbiamo dire che il voto postale non è una novità assoluta di questa tornata elettorale. Su 50 Stati nordamericani, il voto per posta era già possibile in 34 di essi. Le persone che non si trovano nel proprio comune di residenza il giorno delle elezioni possono usufruire dell’absentee ballot. Un metodo che permette di votare senza bisogno di fornire giustificazioni speciali. In alcuni Stati il voto per posta viene definito ‘mail-in ballot’. La scheda viene spedita a tutti gli elettori che poi decideranno se spedirla o riconsegnarla a mano. In occasione dell’ultima tornata elettorale, nel 2016, il 25% delle preferenze venne espressa tramite questa modalità.

300mila voti scomparsi

Su queste elezioni segnate da ritardi, accuse e incertezze, incombe anche un mistero. Si tratta di circa 300mila voti scomparsi, come segnala Il Sole 24 Ore. Potrebbero essere andati persi nei centri di distribuzione e rischiano di non essere conteggiati. Di questi oltre 80mila provengono da alcuni Stati ancora in bilico. Quindi fondamentali per stabilire chi tra Biden e Trump otterrà la vittoria definitiva.

Sulla ‘performance’ a dir poco deficitaria offerta dalle poste statunitensi in questa tornata elettorale, scrive il Sole 24 Ore: “Lo scandalo ha scosso le Poste americane, controllate dal governo federale e sotto assedio perché le loro carenze potrebbero avere un impatto squilibrato sull’esito delle urne, dato che il voto “remoto” ha favorito il candidato democratico Joe Biden su Donald Trump. Da giugno lo USPS è guidato da un controverso finanziatore del partito repubblicano e fedelissimo di Trump, il Postmaster General Louis DeJoy, che ha fatto scattare tagli dei costi e frenate nel lavoro, rallentando la gestione dei crescenti volumi di voti nelle mani dei postini. Le schede processate con puntualità nel solo giorno delle elezioni sono state stimate al 93,3% contro obiettivi del 97%, vale a dire che il 7%, oltre ottomila voti, è rimasto comunque paralizzato troppo a lungo. Nei giorni precedenti simili percentuali di puntualità erano state anche nettamente inferiori, sotto il 90% e in numerose regioni attorno all’80 per cento.

DeJoy è finito in tribunale per la nuova debacle. Martedì un giudice federale aveva ordinato a ispettori postali di perquisire 12 centri che servono 15 Stati a caccia dell’esercito di schede perdute. DeJoy ha ignorato l’ordine con la protezione del Dipartimento della Giustizia. Il magistrato, Emmett Sullivan, ha risposto definendo «scioccante» il comportamento e affermando che «qualcuno dovrà pagare» per quanto avvenuto”.

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