Presidenziali USA, Chomsky su Biden: non mi interessa chi sia "ma cosa farà"


Il noto linguista, filosofo e saggista fra i più grandi intellettuali viventi, Noam Chomsky, è intervenuto sulle Presidenziali USA nel corso di un intervista a Repubblica e rilanciata da Antimafiaduemila, sostenendo di non essere interessato su chi sia Biden, "ma cosa farà".

Per Chomsky, Joe Biden “è schiacciato tra l'establishment del partito, i clintoniani, come li chiamo io, che poco differiscono dai repubblicani moderati. E gli attivisti che hanno galvanizzato la base spingendola a votare per lui”, spiega. Ecco perché, sostiene, “ora è importante la mobilitazione degli attivisti". "Per cambiare bisogna continuare a fare pressione: come non accadde ai tempi di Bill Clinton e Barack Obama". Il potere, aggiunge, “è sempre nelle mani dei governanti: qualunque sia il governo, assoluto o democratico”.

Il filosofo ha poi spiegato le motivazioni che lo hanno portato a preferire Biden: “La differenza tra i due candidati era abissale. E poi il suo programma ambientalista è migliore di quello di qualsiasi altro portato avanti in passato. Ma questo non è avvenuto a causa di una conversione di Biden né di uno spostamento politico del suo partito. Semmai, perché milioni di attivisti, in parte legati al movimento di Bernie Sanders, lo hanno martellato in tal senso. Per far mettere in pratica il suo programma, però, ora c'è molto lavoro da fare. La politica reale è questa. Votare e poi tornare a fare pressione affinché si vada nella direzione giusta".

Non è mancata una spiegazione sull'attuale quadro frammentato della società statunitense con la consequenziale spaccatura del suo elettorato americano, specchio di una società altrettanto spaccata. “Il voto mostra una situazione cupa. Sapevamo che il trumpismo non sarebbe scomparso. Se Trump ha perso, i repubblicani migliorano la propria posizione alla Camera. Tengono in Senato. E vincono a livello statale: importante, perché i loro legislatori decideranno le regole del prossimo voto e disegneranno i distretti elettorali a loro vantaggio. Ci sono Stati dove i democratici non hanno nemmeno provato ad essere competitivi".

A tal proposito, ribadisce che c'è “un misto di incompetenza e disegno. Le posizioni care alla base degli elettori, in certe aree, erano sgradite ai finanziatori del partito. I dem oggi sono più divisi che mai. Da una parte l'establishment neoliberista, dall'altra la base a chiedere riforme profonde".

Infine Chomsky si è soffermato su Donald Trump: “È un politico molto abile. Ha saputo estrarre i veleni radicati nella cultura e nella storia americana. Razzismo, suprematismo bianco, xenofobia, misoginia. E li ha amplificati dando al rancore motivazioni razionali. Ha denunciato le élite, pur lavorando per loro, partendo da una storia vera: la classe media è da 40 anni sotto assedio. Fu Ronald Reagan il primo a teorizzare, insieme a Milton Friedman, che le decisioni andavano affidate al settore privato e il dovere delle grandi corporation era arricchirsi. Poi è arrivato Bill Clinton, architetto della globalizzazione neoliberista. Barack Obama, ai tempi della crisi finanziaria del 2008, voltò le spalle ai lavoratori salvando i criminali che avevano provocato la crisi. Ora, la gente non sa i dettagli: ma percepisce il cambiamento nella propria vita quotidiana. Trump ha cavalcato tutto questo. Pur pugnalando il suo popolo alle spalle, costantemente”.

Foto © Augusto Starita / Ministerio de Cultura de la Nación (da Flickr)



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