Ora e Sempre Diego Armando Maradona!


Ebbene sì, vogliamo celebrare Diego Armando Maradona anche fuori dal campo. Non vogliamo unirci al coro di quelli che dicono "il più grande di tutti anche se fuori dal campo...". Come se poi fuori dai propri ambiti fossero tutti santi, probi, onesti. Lo ha riconosciuto anche lui nel giorno del suo compleanno: "Non ho rimpianti. Non voglio averne. Certo, so di non aver fatto sempre cose giuste, ma se ho fatto del male, l’ho già detto, l’ho fatto solo a me stesso, non agli altri. Però da una quindicina di anni ho imparato a volermi più bene e ora sono felice."

Non vogliamo schierarci dalla parte degli ipocriti e dei celebratori del momento.

Diego era il migliore anche fuori dal campo perché a differenza di altri campioni dello sport, tranne poche eccezioni, si è sempre schierato dalla parte degli ultimi, lui nato in un quartiere povero, Lanus, a sud di Buenos Aires.

Ha rappresentato il riscatto non solo calcistico, l'orgoglio di una città, come Napoli, sempre calpestata, derisa, oppressa, stuprata.

Era l'orgoglio di Napoli. Durante i mondiali italiani del 1990, quando nel Belpaese si inaugurò l'odiosa pratica di fischiare gli inni nazionali, gridò con quel 'Hijos de puta' non solo come argentino, ma anche come napoletano.






“Chiedono ai napoletani di essere italiani per una sera dopo che per 364 giorni all’anno li chiamano terroni“, dichiarò prima della semifinale Italia Argentina. I napoletani lo sentirono ancora di più uno di loro.

In quel mondiale Diego realizzò un altro prodigio. Allo stadio di Milano, San Siro, dove si poteva sentire ogni insulto razzista contro i napoletani durante gli incontri del Napoli contro Milan e Inter, gli spettatori della prima partita del mondiale, Camerun-Argentina, tanto era l'odio contro Diego e la squadra partenopea che gli 80 mila della Scala del calcio fecero il tifo per la squadra africana spingendola addirittura alla vittoria. Il suo commento nel post partita fu degno del suo genio calcistico: "Grazie a me i milanesi hanno smesso di essere razzisti e hanno tifato per gli africani".

Il suo ultimo appello fu un altro atto di accusa ai potenti. Nemmeno 30 giorni fa in una lettera al Corriere dello sport scrisse: "vorrei che qui in Argentina come in tante, troppe, altre parti del mondo fossero sconfitti anche i virus della fame e della mancanza di lavoro che divorano la dignità delle persone."

Senza paura e con orgoglio ha appoggiato Cuba, con la sua forte amicizia con Fidel Castro, il Venezuela prima con Chavez e poi Maduro, la Bolivia di Evo Morales, il Nicaragua di Ortega anche in tempi in cui l'offensiva della destra liberista sembrava aver successo a partire dalla sua Argentina. Per non dimenticare il suo appoggio alla causa palestinese.





Il grande scrittore uruguaiano Edoardo Galeano intervistato da Gianni Minà nel 1992 in occasione del 25 anniversario della morte di un altro immenso argentino, Ernesto Che Guevara, disse: "Ha fatto quello che ha detto. Ha detto quello che ha fatto. In America Latina è una cosa che non ti perdonano". Ecco, anche Diego è stato così, ecco perché qualche pennivendolo o politicante deve fare distinguo per il Maradona fuori dal campo.

La gente, gli umili che hai sempre difeso, celebreranno non il solo il Dio del Calcio ma anche l'uomo Maradona.

Caro Diego, da calciatore e da uomo, da eterno guerriero, il tuo esempio vivrà!

La Redazione


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