È contro la deriva neoliberista della scuola che dobbiamo alzare la voce

di Federico Fioranelli

Il mondo scolastico che in questi giorni si batte per tornare a fare scuola in presenza anche nelle scuole secondarie di secondo grado giustifica la propria opinione sostenendo che la didattica a distanza nega il diritto all’istruzione, favorisce la dispersione scolastica e crea negli studenti danni a livello psichico.

Da insegnante, pur non pensando che siamo di fronte a qualcosa di irrimediabile, non mi sento di mettere in discussione queste posizioni. Immagino sia evidente a tutti, a partire da chi scrive, che la didattica a distanza non sostituisce pienamente la didattica in presenza. Come è altrettanto chiaro che, se utilizzata per un periodo troppo lungo, essa può favorire l’abbandono scolastico di coloro che appartengono alle classi sociali meno abbienti e generare negli studenti danni psichici.

Bisogna però anche aggiungere che attualmente nel nostro Paese, a causa dei mancati e in certi casi sbagliati investimenti da parte dei vari livelli di governo, non ci sono le condizioni per fare scuola in presenza in assoluta sicurezza. In Italia, la didattica in presenza, oltre agli insegnanti e agli studenti, espone al rischio di contagio l’intera società e soprattutto la parte più debole di essa.

Per questo motivo, un insegnante oggi dimostra di essere un educatore con senso civico non se si batte in modo scomposto per riaprire le scuole in presenza a qualsiasi condizione ma se mostra ai propri studenti che il diritto all’istruzione e il diritto al lavoro non vanno mai scissi da quelli alla sicurezza e alla salute.

Inoltre un docente, che mette al centro del suo agire didattico la formazione dei propri studenti e che è realmente interessato a dare priorità ad una scuola che svolge la funzione di ascensore sociale, non difende in modo acritico l’attuale modello di scuola ma si mobilita contro l’ideologia e le politiche neoliberiste che, dalla fine degli anni Novanta, hanno provocato un drammatico disinvestimento nell’istruzione pubblica, riducendo le ore delle materie culturali e aumentando il numero di alunni per classe, e hanno trasformato la scuola in un’azienda nella quale l’insegnamento è finalizzato alla acquisizione della cultura d’impresa, al divenire imprenditori di se stessi e alla formazione di capitale umano da adeguare alle esigenze del mercato.

La dottrina neoliberista, tuttora dominante, ha in questi anni messo al centro il concetto di competenza, un termine che serve soltanto a delegittimare il concetto di conoscenza intesa come un sapere non finalizzato al mercato o alla logica di impresa ma a ragionare, a sviluppare senso critico, a criticare la propria condizione sociale e magari a mettere in discussione il sistema in cui viviamo.

Come esempio possiamo citare l’Alternanza Scuola Lavoro (attualmente denominata PCTO), un’attività che ha luogo nei contesti lavorativi e che ha l’obiettivo dichiarato di sviluppare le competenze. In realtà è uno strumento che serve a fornire alle imprese un serbatoio inesauribile di manodopera gratuita in attività che molto spesso niente hanno a che fare con i vari corsi di studio e a preparare gli studenti ad un futuro di lavoratori precari e senza diritti.

È contro questa deriva neoliberista e classista di scuola, che fa molti più danni della didattica a distanza dato che vuole creare dei robot che eseguono perfettamente i compiti assegnati loro dal padrone di turno, che gli insegnanti devono alzare la loro voce.

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