Perù, scontri all'aeroporto di Ayacucho: due morti e 13 feriti

16 Dicembre 2022 00:53 La Redazione de l'AntiDiplomatico

Continuano nonostante la dura repressione le proteste popolari in Perù contro il governo golpista di Dina Boluarte. I disordini registrati nei pressi dell'aeroporto della città peruviana di Ayacucho, capoluogo dell'omonimo dipartimento, hanno provocato due morti e almeno tredici feriti, secondo le autorità.

"Al momento ci sono più di 10 feriti e un morto a causa degli scontri che si stanno verificando nei pressi dell'aeroporto 'Alfredo Mendívil Duarte'", ha dichiarato la Direzione regionale della salute (Diresa) di Ayacucho in un comunicato diffuso alle 16:00 ora locale (21:00 GMT). In un secondo comunicato stampa, il Ministero ha aumentato il bilancio delle vittime a due e il numero dei feriti a 13.

Le autorità non hanno identificato le vittime, mentre si conoscono solo due dei feriti: Leonardo Hancco Chacce, 32 anni, e Pavel Pomasoncco Garamendi, 36. Sei feriti sono in cura presso il Centro di Salute di Conchopata e altri sette presso l'Ospedale Regionale di Ayacucho, secondo quanto reso noto.

Un gruppo di manifestanti ha occupato le strutture dell'aeroporto di Ayacucho, nella provincia di Huamanga, nell'ambito delle proteste della popolazione per chiedere la liberazione, il reintegro di Pedro Castillo e la convocazione di un’Assemblea Costituente.

Nelle immagini pubblicate sui social network si vedono centinaia di persone sulla pista dell'aeroporto "Alfredo Mendívil Duarte", mentre le forze dell’ordine cercando di impedire ai manifestanti di avanzare.

Nelle strade intorno all'aeroporto sono stati segnalati pesanti scontri tra civili e agenti. Secondo i media locali, la polizia ha risposto ai manifestanti con i candelotti di gas lacrimogeno.

L'Esercito peruviano è stato schierato in strada per sostenere la Polizia nazionale nel controllo delle proteste in corso nelle province di Huamanga, Huanta e La Mar.

Il governo peruviano ha dichiarato lo stato di emergenza a livello nazionale nel tentativo di contenere una protesta che si allarga a macchia d’olio.

Appena ieri la Polizia nazionale peruviana aveva confermato il decesso di due manifestanti nella regione di La Libertad. Entrambi i decessi sono avvenuti durante un blocco stradale in questa zona del Paese andino. Il primo decesso è avvenuto nel distretto di Chao, nella provincia di Viru, e l'altro a Simbal, Trujillo.

Mercoledì pomeriggio, le autorità di polizia hanno dichiarato ai media locali che la vittima mortale di Chao era stata colpita alla testa con un oggetto contundente durante gli scontri tra manifestanti e polizia.

"C'è una persona che è stata uccisa, ma non da un'azione di polizia, né da un'arma da fuoco, è già stata portata all'obitorio, è stata effettuata la necroscopia, la morte sarebbe stata causata da un colpo con un oggetto contundente, una pietra”, hanno affermato le autorità di polizia, citate da La República.

Secondo la RPP, la persona è stata identificata come Huamán Cabrera, di 26 anni. La seconda vittima sarebbe stata investita e uccisa al chilometro 26 della strada che porta agli altipiani.

I media locali riferiscono si tratti di Yoni Rosalino Cárdenas Escobal, 51 anni. Questi decessi si aggiungono ai sette già confermati dalle autorità: cinque ad Andahuaylas, uno nella provincia apurimena di Chinchero e un altro ad Arequipa.

Le vittime precedenti sono state identificate come Becan Romario Quispe Garfias (18 anni), Jonathan Encino Arias Choccepuquio (18 anni), Wilfredo Lizarme Barboza (18 anni), Miguel Arcana (38 anni), Cristian Alex Rojas Vásquez (19 anni) e due minori di 15 e 16 anni.

In questo contesto, il sistema giudiziario peruviano sta valutando la richiesta avanzata dalla Procura di condannare Pedro Castillo a 18 mesi di detenzione preventiva. Da parte sua, la Procura Generale difende questa misura, ritenendo che ci sia la possibilità che il Presidente destituito lasci il Paese e chieda asilo in un altro Paese, come il Messico.

Attraverso il suo account Twitter, la Defensoría del Pueblo ha chiesto che il Comando congiunto delle Forze armate "cessi immediatamente l'uso delle armi da fuoco e delle bombe lacrimogene lanciate dagli elicotteri".

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