Perù: gli USA ribadiscono sostegno al governo Boluarte. 21 morti nella repressione delle proteste

17 Dicembre 2022 18:35 La Redazione de l'AntiDiplomatico

Il Presidente del Perù, Dina Boluarte, ha avuto nella giornata di venerdì una conversazione telefonica con il Segretario di Stato USA, Antony Blinken, dove il diplomatico di Washington ha ribadito il sostegno del suo paese al governo golpista peruviano.

"La Presidente della Repubblica, Dina Boluarte, ha avuto una conversazione telefonica con il Segretario di Stato della Casa Bianca, Antony Blinken, che ha ribadito il sostegno degli Stati Uniti al governo da lei guidato", ha riferito l'account Twitter della Presidenza del Perù.

Una vicinanza che conferma indirettamente quanto denunciato all’indomani della sua detenzione dal presidente destituito Pedro Castillo, il quale aveva denunciato come la visita dell'ambasciatrice statunitense a Lima, Lisa Kenna, al Palazzo del Governo - avvenuta lo scorso martedì - "non era gratuita, né a favore del Paese".

"Si trattava di dare l'ordine di portare le truppe nelle strade e di massacrare il mio popolo indifeso; e, quindi, di lasciare le strade libere per le operazioni minerarie, come nel caso di Conga, Tia Maria e altri”, aveva denunciato Castillo in una missiva scritta in carcere.

Come era prevedibile gli Stati Uniti non hanno mosso alcuna obiezione al governo peruviano di Boluarte che sta reprimendo nel sangue le proteste popolari, che si allargano a macchia d’olio in tutto il paese contro la destituzione e l’arresto di Castillo, per nuove elezioni e infine per la convocazione di un’Assemblea Costituente.

Diversa invece la posizione assunta da diversi governi regionali che hanno rifiutato di riconoscere la legittimità della golpista Boluarte e considerano il legittimo presidente del Perù Pedro Castillo. Messico, Argentina, Bolivia e Colombia hanno fatto sapere a Lima che non condividono quanto accaduto.

Il presidente colombiano Gustavo Petro, che ancora non ha riconosciuto il nuovo presidente peruviano Dina Boluarte, considera l'arresto di Pedro Castillo "un oltraggio".

In Perù "c'è un presidente eletto popolarmente in galera, il che mi sembra un oltraggio", ha dichiarato in una conferenza stampa.

Petro ha inoltre espresso la disponibilità della Colombia ad accettare qualsiasi ruolo che renda possibile un "grande dialogo politico e sociale" per risolvere la crisi in Perù, dove attualmente almeno 21 persone sono morte nel contesto delle proteste iniziate il 7 dicembre.

"Credo che un dialogo politico sia necessario, non posso definire se le variabili di questo dialogo (...) Se la Colombia è necessaria per rendere possibile il grande dialogo sociale e politico in Perù, allora siamo disposti", ha dichiarato Petro.

Alla domanda se riconosce Boluarte come presidente, Petro ha evitato di rispondere e ha sottolineato di non aver ancora parlato con il nuovo governo. Il Ministero degli Esteri colombiano ha emesso un comunicato congiunto con Messico, Argentina e Bolivia in cui si afferma che Castillo, che ancora viene riconosciuto come presidente, è "vittima di una persecuzione antidemocratica”.

Le proteste a sostegno di Castillo, che dovrà scontare 18 mesi di detenzione preventiva mentre è indagato con l'accusa di ribellione e cospirazione, hanno portato Boluarte a dichiarare lo stato di emergenza e a far scendere in strada i militari per reprimere le proteste.

In questo contesto le strade peruviane sono state insanguinate. Il numero di morti a causa della brutale repressione poliziesca e militare è salito a 21. Solo ad Ayacucho sono rimaste ferite più di 50 persone. Simbolo di questa brutale repressione è divenuta la madre di un ragazzo di 23 anni ucciso durante le proteste a Ayacucho, dove la Direzione Regionale della Sanità ha confermato che sette persone sono state uccise durante le proteste, che grida disperata: "Figlio, ti prego, torna!”

Inoltre, durante le manifestazioni di giovedì scorso, l'ospedale regionale è collassato con l'arrivo di oltre 50 feriti. In risposta, un gruppo di persone ha dato fuoco alla sede del Ministerio Público.

A questo proposito, Eliana Revollar, difensore civico, ha denunciato che gli elicotteri stavano sorvolando la provincia di Huamanga, lanciando bombe lacrimogene. A questo proposito, l'organo costituzionale ha esortato il Comando congiunto delle Forze armate peruviane a cessare immediatamente questa azione, così come l'uso di armi da fuoco.

Inoltre, il Coordinatore Nazionale per i Diritti Umani (CNDDHH) ha denunciato che nella regione, situata nella Cordigliera delle Ande, vengono utilizzati fucili e armi da guerra e ha ritenuto responsabili di questi atti le massime autorità politiche del Paese.

"Per favore, fermate il massacro, si spara molto, per favore, signora Dina, faccia qualcosa, qui i militari sparano a vista, per favore, basta con i morti", ha chiesto un cittadino di Ayacucho che ha assistito alla repressione da parte dei militari attraverso Radio 103.3.

Nel nono giorno di proteste i cittadini della stessa regione hanno evidenziato, tramite il social network Twitter, i colpi a bruciapelo sparati dall'intervento militare verso la società civile mentre esercitava il diritto alla protesta pacifica, che non è limitato durante lo Stato di emergenza.

Nel frattempo, nella capitale Lima, le strade continuano a ribollire di rabbia e la repressione della polizia continua a infuriare. A Plaza Bolognesi, la Polizia ha colpito alla testa il giovane Abel Castañeda, arrestandolo. È stato portato alla stazione di polizia Alfonso Ugarte.

"Mi hanno arrestato e mi hanno rotto la testa", ha detto il cittadino in un video, dove lo si vede con il volto insanguinato. Successivamente, Mar Pérez, avvocato del CNDDHH, ha rivelato che veniva rifiutato l’ingresso ad alcuni avvocati incaricati della difesa dei fermati.

Vengono inoltre denunciati arresti arbitrari e violenze sui fermati. Nel frattempo, sono stati segnalati circa 190 feriti a livello nazionale, tra cui un ragazzo di 13 anni colpito da un proiettile nel distretto di Chincheros, nella regione di Apurimac.

Intanto alcuni ministri appena nominati hanno deciso di abbandonare il governo della golpista Boluarte. Il ministro Jair Pérez sostiene che le morti riportate "rendono insostenibile" la sua permanenza nel governo di Dina Boluarte.

“Le scrivo per informarla delle mie dimissioni da Ministro della Cultura e la ringrazio per la sua fiducia. Tuttavia, i deplorevoli eventi che si sono verificati nel Paese e che hanno causato la perdita irreparabile di fratelli e sorelle, rendono insostenibile la mia permanenza nel suo governo", si legge nella lettera indirizzata a Boluarte.

Come il ministro della Cultura anche la titolare dell’Educazione ha deciso di lasciare il governo. Patricia Correa ha affermato che "la morte di cittadini peruviani non ha alcuna giustificazione" e che "la violenza dello Stato non può essere sproporzionata e portare alla morte".

"Il nostro Paese si trova ad affrontare una crisi politica di grandi dimensioni che richiede convinzioni democratiche, rispetto dell'ordine e, allo stesso tempo, dell'integrità fisica e della vita di ogni cittadino peruviano, che purtroppo sono state violate nelle ultime ore", ha dichiarato Correa.

Boluarte però si nasconde dietro parole di circostanza e non ferma la brutale repressione: “Deploro i tragici eventi che hanno tolto la vita a diversi connazionali in varie regioni del Paese. Tutto questo deve finire. Il governo di transizione che presiedo comprende e continua a far proprie le richieste dei milioni di peruviani che sono legittimamente usciti per alzare la voce, che continuiamo a sostenere, ratificando che la Polizia e le Forze Armate hanno chiare istruzioni per salvaguardare l'integrità e i diritti umani dei manifestanti”. Per poi aggiungere: “Tuttavia, condanno fermamente gli atti di vandalismo che alcuni radicali, sfruttando la buona volontà del popolo nel suo diritto di mobilitarsi, hanno usato per attaccare polizia, militari, civili, istituzioni pubbliche e private, e contro l'economia delle famiglie, che continuano a danneggiare a pochi giorni dal Natale”.

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