"Basta imporre con la vasellina scelte politiche sbagliate". Paolo Savona




Nel suo intervento iniziale per la Conferenza "Un'Europa senza euro" tenutosi a Roma sabato 12 aprile e organizzata da A-simmetrie, il professore Paolo Savona ha ricordato come nel momento in cui si è deciso di creare la moneta unica, il dibattito accademico non era tanto sui benefici ma sui "costi della non Europa" come aveva dichiarato Jacques Delors.
Tra i benefici che soprattutto in Italia sono stati sottolineati da Guido Carli e Carlo Azeglio Ciampi, Savona ricorda la maggiore competitività tra le imprese a confronto sul mercato unico; l'abbattimento dei costi di transizione e le politiche dal lato dell'offerta che i vincoli avrebbero imposto. Le riforme strutturali che divenivano obbligatorie era per Savona proprio l'aspetto più importante per i fautori dell'euro. Tra i costi c'era chiaramente la perdita di quei strumenti tipici della sovranità nazionale, come il deficit spending e l'utilizzo dei tassi d'interessi, utili per uscire da una crisi.
Dalla fase storica che va dall'accordo di Maastricht all'adesione alla moneta unica, prosegue Savona, si sono imposti una serie di aggiustamenti necessari per la convergenza all'economia tedesca, ma si è trattata di una sovranità data, quindi una grave perdita, che non ci è stata mai restituita. L'euro fino ad oggi è stato sempre oggetto degli shock dall'esterno, tanto che oggi abbiamo il paradosso per cui economie che vanno relativamente bene hanno le monete che si deprezzano (Stai Uniti e Giappone) rispetto a quelle in crisi come quelle europee che vedono invece l'euro apprezzarsi. Si tratta di un paradosso economico frutto dei difetti di architettura economica dell'Unione Europa.
Dal 2011 i tentativi di riforma svolti in ambito europeo - ESM-LTRO-OMT e anche i contractive agreement (accordi di bilancio) - hanno tutti il difetto di imporre le politiche del pareggio di bilancio, che stanno distruggendo consumi, investimenti, il Welfare dei paesi e non si è prodotta nessuna riduzione del debito. Anzi, la percentuale del rapporto debito/Pil è esploso ed è esploso – per ammissione dello stesso Saccomanni – per i contributi da dare all'Europa, fino ad oggi 56 miliardi di euro. Ancora una volta subiamo un costo senza, secondo Savona, ottenere un vantaggio.
In questa situazione di collasso, per l'Ue le riforme sono insufficienti e ne vuole sempre di più. Chi vuole restare nell'euro a tutti i costi fornisce per questo dati fuorvianti dicendo ad esempio come "La Grecia cresce di più di qualche infinitesimo dell'Italia ed è un segno positivo dell'austerità". Ma si dimentica la base di partenza e le condizioni reali del paese come il 26% della disoccupazione.

La Bce promette di perseguire la lotta alla deflazione, pur nei vincoli fiscali. Per rendere irreversibile l'euro, Draghi ha posto fine all'indipendenza monetaria. Quello che sta avvenendo è secondo Savona un processo di "Isteresi politica" in Italia ed in Europa: il Fiscal compact, per cui l'Italia deve rientrare in un decennio fino al 60% del debito-Pil, non ha come obiettivo lo sviluppo, occupazione e maggiore reddito, ma solo per la stabilità fiscale. L'Italia deve iniziare a pensare a alternative - esempio raffrozare alleanze con Francia, ma anche Cina, Usa e Russia in caso di Eurexit - e smettere, con i "cattivi insegnamenti, codardia e malafede egoistica", di imporre "con la vasellina scelte politiche sbagliate".

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