"Con l'austerità l'Italia ha perso 130 miliardi di euro" Piergiorgio Gawronski


Nel suo intervento per la Conferenza "Un'Europa senza euro" tenutosi a Roma sabato 12 aprile, Piergiorgio Gawronski ha mostrato un interessante grafico in cui si pone in confronto il reddito effettivo e quello potenziale stimato dell'Italia (una media di stime Ocse e altre organizzazioni): fino agli anni'90 sono cresciuti insieme, nel 2000 la produttività diminuisce e sono calati tutti e due, ma dal 2008 il reddito effettivamente prodotto diminuisce molto di più rispetto a quello potenziale. Ci sarebbe, sottolinea l'economista, proprio per questo ampio spazio per le politiche keynesiane dal lato della domanda che permetterebbero in tempi rapidi di recuperare il gap prodotto. Si tratta chiaramente dell'opposto delle politiche di austerità scelte.
Nel grafico di Gawronski poi c'è anche un terzo indicatore, vale a dire il reddito potenziale senza che ci fosse stata questa crisi e questa gestione - vale a dire se la domanda non fosse crollata come è crollata. La mancanza di domanda sulla capacità produttiva del paese diviene un enorme 16% sotto la traiettoria dell'attuale Pil nominale, suddiviso in questo modo: di questo 16%, un 8% tra il divario tra Pil effettivo e potenziale e l'8% tra il divario Pil potenziale e Pil senza crollo della domanda, vale a dire, per questo ultimo caso, 130 miliardi di euro complessivi all'anno. Questa è la capacità produttiva distrutta l'anno dalla crisi, si tratta di 2,200 euro per ogni italiano e cresce ancora. In più c'è da considerare gli altri 130 miliardi di euro tra reddito potenziale e reddito effettivo.
E questi 130 miliardi di euro toccano in modo sproporzionato salari e pensioni, quindi le fasce più deboli, facendo aumentare la disuguaglianza sociale e una sofferenza che si allarga alla democrazia. Quindi: oltre una debolezza della domanda, vi è un crollo dell'offerta per il calo della domanda, la prova della veridicità dell'"isteresi" keynesiana.

Per salvare l'euro bisogna cambiare il paradigma macroeconomico di riferimento e recuperare quel crollo della domanda che sta portando sempre più in basso il Pil potenziale, è una questione di civiltà. Come rispondere? L'Europa oggi utilizza le riforme strutturali ma chiaramente non funzionano. Inoltre, la politica monetaria è problematica perchè può creare bolle e inflazione (non è lo strumento first best) e, sottolinea nel suo intervento, investimenti pubblici in settori con alto moltiplicatore, da un lato deficit che creano rientri molto forti.

E' possibile gestire un euro con un nuovo paradigma? Se il vincolo estero è totalizzante bisogna uscire dall'euro, ma con una golden rule che riequilibri i paesi in surplus della bilancia dei pagamenti con maggiori stipendi e domanda interna l'euro, conclude l'economista, può salvarsi. L'importante è che il dibattito inizi e si scelga di ragionare invece di continuare con un approccio da talebani.

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