"L'euro è minato all'interno: non esiste più un sistema bancario europeo". Costas Lapavistas

Nel suo intervento per la Conferenza "Un'Europa senza euro" tenutosi a Roma sabato 12 aprile, l'economista greco Costas Lapavistas definisce un "disastro" la crisi di oggi in Grecia e spiega attraverso quattro grafici molto interessanti quella che considera ormai una verità inoppugnabile: l'euro, creato sia come valuta internazionale concorrente al dollaro, che come alleanza formale per creare una valuta di 18 paesi sovrani, non è in grado di rendere compatibile il suo funzionamento internazionale e quello nazionale."L'euro ha fallito e è segnato".
Nel primo grafico, Lapavistas analizza i costi del lavoro, condizione necessario per un equilibrio di competitività, all'interno della zona euro per il periodo compreso tra il 1999 e il 2008.
Si evince come nell'Europa meridionale i costi del lavoro siano leggermente superiori al target voluto dalla Bce. Ma il vero problema è che i paesi del Nord - e soprattutto la Germania - non li rispettano in modo enormemente maggiore al di sotto del target, a dimostrazione del fatto che i guadagni di produttività siano andati tutti ai datori di lavoro con i salari che sono rimasti completamente bloccati. Nel 2008 c'era un paese molto disciplinato per quel che riguarda i costi, essendo proprio sul target della Bce, la Francia. Ne ha beneficiato? No.

Nel secondo grafico, Lapavistas analizza le bilance commerciali.
Prima dell'introduzione dell'euro vi era un sostanziale equilibrio, poi il deficit tra i paesi è cresciuto sempre più e oggi quello francese è sempre più ampio.
Nel terzo grafico, Lapavistas analizza i flussi di capitale e i derivati all'interno della zona euro.
Grazie alla moneta unica, i capitali si sono spostati dai paesi del nord soprattutto la Germania ai paesi del sud. Le politiche adottate nella periferia - austerità, riforme strutturali con riduzione di salari e privatizzazioni - hanno determinato un crollo di quelle società in cui i flussi di capitale privato si sono di fatto sostituiti a quelli ufficiali. Il risultato è un autentico disastro con il crollo della domanda interna, disoccupazione e distruzione della capacità produttiva. "Non si tratta di una distruzione creativa ma di distruzione e basta. In Grecia si è perso il 30-40% della capacità produttiva".
E il debito? Si è registrato un peggioramento nonostante si sia scelta la via della stabilità a costo di enormi costi e tensioni sociali. Il punto chiave da comprendere è che l'insostenibilità dell'euro è comparsa nel momento in cui la periferia ha raggiunto una stabilità sulle macerie e nel momento in cui è il centro ad essere entrato in crisi con un grave problema bancario e una crescita assolutamente ferma.
La situazione è tutt'altro che sotto controllo come vorrebbero far credere le leadership politiche. La Francia e Italia sono sul target della Bce sui costi del lavoro a differenza della Germania che è molto al di sotto. Questo significa che i due paesi non sono in grado di poter competere nella zona euro e hanno due alternative: optare per le politiche di Grecia e Spagna (quindi il disastro) o non far nulla, allargando sempre più il gap con la Germania.

Nel quarto grafico, Lapavistas mostra come il livello insostenibile della zona euro sia stato creato dagli euro-meccanismi. Il debito finanziario è cresciuto in modo insostenibile. Il debito delle famiglie è cresciuto e poi si è appiattito. Il debito pubblico è esploso dopo la crisi come risultato e non come causa della crisi. Oggi è a un livello non sostenibile per molti paesi e anche in Germania sta crescendo a livelli pericolosi.
Il cosiddetto effetto Draghi del 2011, prosegue Lapavistas parlando dell'immensa immissione di liquidità che la Bce ha posto a disposizione del sistema interbancario europeo, è stato frenato nel 2012 con l'Omt che come minaccia agli speculatori ha di fatto bloccato la liquidità. La conseguenza: i prestiti bancari iniziano a diminuire e il credito si restringe. I prestiti bancari non solo sono diminuiti ma diventano sempre più nazionali: con la crisi, gli istituti di credito sono divenute sempre più nazionali e quindi assistiamo alla frammentazione dall'interno del sistema bancario europeo. Le banche prestano sempre più agli stati – titoli di stato - e quindi sono sempre più nazionali, strettamente collegati ai loro paesi e frammentati mentre la leadership pensa all'Unione bancaria. L'euro è minato all'interno sostiene l'economista greco.
I paesi periferici sono di fronte all'alternativa di abbassare i salari per arrivare a una competitività comparabile con la Germania o uscire dall'euro. Si tratta di un'opzione percorribile perchè lo era nel 2010 in Grecia. Un'uscita non cooperativa avrebbe i problemi della circolazione monetaria (per stampare la valuta nazionale ci vuole tempo e i sistemi dei prezzi potrebbero avere due riferimenti per un periodo abbastanza lungo), la possibilità di un crollo bancario senza una Banca centrale che fornisca liquidità e un pericoloso crollo del tasso di cambio. L'uscita cooperativa creerebbe una transizione molto più morbida ed è nell'interesse di tutte le parti.
Del resto, questa è l'opzione reale da perseguire perché l'alternativa, restare in questa unione valutaria, è troppo costosa e non più sostenibile: "usciamo il prima possibile dall'euro voglio vedere i miei figli crescere in un mondo di giustizia e di uguaglianza", conclude Lapavistas.

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