Gli "aiuti" della Troika hanno distrutto il Portogallo


Da tre anni, diversi indicatori economici indicano come il Portogallo si stia avvicinando sempre più al livello dei paesi meno sviluppati dell’Europa orientale. Lo scrive in un approfondimento per Pravda Jeronimo de Sousa.
Il debito pubblico, la disoccupazione e l'emigrazione di massa sono i tre aspetti più preoccupanti. Secondo i dati dell’Observatório da Emigração, dal 2008 circa 400.000 persone hanno lasciato il Portogallo; in termini di percentuale sulla popolazione totale (10,6 milioni di persone) è il secondo tasso più alto in Europa dopo Malta. Il paese ha perso un quinto delle sue risorse di manodopera qualificata.

Gli esperti stimano che l'esodo dei portoghesi sia al livello di 100-120.000 persone all'anno. Analizzando le qualifiche e la fascia di età degli immigrati, sono giunti alla conclusione che coloro che se ne vanno sono principalmente lavoratori semi-qualificati che dispongono di mezzi sufficienti per affittare abitazioni all'estero, e possiedono un piccolo capitale per sopravvivere per qualche tempo senza lavoro. La popolazione più povera non emigra, ad eccezione dei rari casi dei ricongiungimenti con le loro famiglie.
I lavoratori qualificati sono una minoranza. Ad esempio, in Lussemburgo, dove il 19% della popolazione è portoghese, solo il 2% è costituito da lavoratori qualificati del settore finanziario e scientifico. Per lo più i portoghesi all'estero lavorano nell’edilizia, nelle utilities, nel settore alberghiero, nel commercio e nei servizi. Nonostante i luoghi comuni, la maggior parte degli emigranti non è formata da disoccupati (la disoccupazione nel paese è al 17,5%), ma da persone insoddisfatte della propria vita. In alcuni settori, come quello medico, la situazione è catastrofica. Sia i medici che il personale ospedaliero stanno lasciando il paese. La maggior parte degli emigrati, prosegue Sousa, sono giovani in età riproduttiva, e questo provoca un calo della naturale crescita della popolazione. Secondo il programma nazionale di diagnosi precoce, nel 2011 il Portogallo, per la prima volta nella sua storia, ha toccato il livello più basso di natalità - 100.000 bambini.


Il 22 febbraio l'Assemblea Nazionale del partito comunista ha fornito alcuni dati che danno l'idea della situazione economica del paese. Fin dall'inizio degli aiuti da parte della UE, nessuno degli obiettivi fissati dai tre creditori (Commissione Europea, Banca Centrale Europea e Fondo Monetario Internazionale) è stato raggiunto. Il PIL è calato del 5,8%, il doppio del previsto. In termini assoluti, il PIL è diminuito di 9,4 miliardi di euro. Ci si aspettava che la caduta degli investimenti sarebbe stata del 15%, ma nel corso dei tre anni di aiuti questo dato ha già raggiunto il 37%. Il numero di posti di lavoro è diminuito cinque volte più di quello che era stato annunciato, il che significa che sono stati distrutti 464.000 posti di lavoro. Il debito del paese nel 2010 era del 93% del PIL, ed era stato assicurato che non sarebbe salito sopra il 115%, ma oggi è al 130% del PIL ed è cresciuto di oltre 51.5 miliardi di euro.
Il deficit di bilancio non si è mantenuto al 3% come promesso, equest'anno sarà superiore al 5%, nonostante il forte calo della spesa per i servizi sociali e nel settore pubblico. E' una vittoria del cartello delle mega-banche che controlla l’economia reale, e i perdenti sono il paese e le generazioni future, ha detto nel suo discorso il Segretario Generale del PPC Jeronimo de Sousa.
In questa situazione, "il governo non si assume la responsabilità per la dilagante devastazione dell’economia reale del paese e per le migliaia di imprese fallite, per la brutale e massiccia disoccupazione che contribuisce all'emigrazione quotidiana di migliaia di portoghesi, per l’indebolimento del paese e del suo futuro, per l'aumento dello sfruttamento del lavoro e per la concentrazione della ricchezza che porta ad un processo accelerato di impoverimento di milioni di portoghesi, per la diffusione della povertà e dell'esclusione sociale, per la violazione dei fondamentali diritti costituzionali al lavoro, alla salute, alla sicurezza sociale e all'istruzione" ha concluso Jeronimo de Sousa.
Per una traduzione completa dell'articolo si rimanda e si ringrazia Voci dall'estero

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